Giornalismo di pace: Ruffini (Dpc), “non trasformare la rete in ciò che non è, la dimensione digitale è reale”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Non trasformare la rete in ciò che non è: un luogo dove più ci si addentra, più si perde la propria identità, l’orientamento, la capacità di distinguere il vero dal falso”. È l’invito lanciato da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, nel saluto di apertura alla Conferenza internazionale sul giornalismo di pace, svoltosi oggi in Vaticano su iniziativa dei Dicasteri per la comunicazione e per il servizio dello sviluppo umano integrale. “La dimensione digitale è reale, anche se è incorporea, non è virtuale”, ha sottolineato Ruffini esortando i giornalisti a “ripartire dalle persone”, seguendo la regola aurea che consiste nel “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, e “fare agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. “In un tempo in cui la comunicazione è così veloce, è importante fermarsi un attimo per riflettere su noi stessi e su dove stiamo andando”, ha esordito il prefetto, secondo il quale “non possiamo fermare il tempo, ma possiamo prenderci del tempo”. “Riflettere sul giornalismo di pace”, per Ruffini, vuol dire superare “l’ossimoro di una comunicazione che non comunica, che parla ma non ascolta, che vede ma non comprende”, che rischia di produrre “incomunicabilità, radicalizzazione, semplificazione” e si traduce nel “cercare capi espiatori per ridurre tutto al dualismo amico/nemico, ad un’identità fondata sulla negazione dell’identità dell’altro”. “Nella globalizzazione frammentata, i media e le reti dei social network sono il crogiolo dove si forma la nostra identità in divenire”, la tesi di Ruffini, che ha insistito sulla necessità di “risvegliare il significato di quello che siamo e che facciamo”, a partire dall’uso delle parole. Altro tema da affrontare, per il prefetto, è quello del rapporto tra pace e sicurezza: “Abbiamo l’obbligo di non vedere le cose da un unico punto di vista e di distinguere tra una società giusta e ingiusta”, ha affermato rilanciando la provocazione di Bonhoeffer: “La pace è il contrario della sicurezza: esigere sicurezza significa essere diffidenti”. Citando, infine, Italo Calvino e le sue celebri frasi sull'”inferno dei viventi”, contenute ne “Le città invisibili”, Ruffini ha osservato che il giornalista si trova di fronte a due alternative: “Accettare l’inferno e farne parte, oppure – ed è il compito più rischioso – cercare e saper riconoscere chi, e che cosa, all’interno dell’inferno non è inferno, e farlo durare e dare speranza. Questo è giornalismo di pace”.

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