Giornata migrante e rifugiato: p. Gazzola (scalabriniani), “in molte parti del mondo si fatica a vivere la cultura dell’incontro”

“Se è vero, come ci ricorda il Santo Padre e come si evince dal Vangelo di Matteo, che ogni migrante che bussa alle nostre frontiere è un’occasione di incontrare Gesù Cristo, è altrettanto vero e sotto gli occhi di tutti come in molte parti del mondo si fatichi a vivere, o si ostacoli addirittura, la cultura dell’incontro che Papa Francesco continua a proporci come orizzonte e, nientemeno, si arrivi a criticare ogni suo intervento in merito”. Così padre Alessandro Gazzola, superiore generale della congregazione scalabriniana, commenta il messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (14 gennaio 2018) sul tema “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”. “I quattro verbi usati dal Papa – osserva p. Gazzola – possono essere occasione per molti, un’opportunità per i più rigidi, per fermarsi, fare un serio esame di coscienza e magari rivedere certi punti di vista”. “Immaginando le quattro azioni come attimi di un’unica scena – prosegue il superiore generale – accogliere diviene la porta d’ingresso della nostra casa che si apre per ‘offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione’, coscienti che troppo spesso si dimentica la centralità della persona umana e si antepongono spesso preoccupazioni e faziosità”. “Proteggere – continua Gazzola – ci richiama, invece, a un gesto naturale nell’incontro con chi è in una situazione di disagio e che impegna a dare il giusto valore alle capacità e competenze dell’altro, del migrante in questo caso, considerando come imprescindibile, ad esempio, una libertà di movimento nel Paese d’accoglienza o la possibilità di lavorare”. Segue il promuovere che è, per il superiore generale, un “mettere in condizione ognuno di realizzarsi come persona e sedersi alla nostra tavola comune”. Integrare, conclude, “non può consistere puramente nell’assimilare l’altro, ponendo a lato l’identità culturale di ciascuno, bensì dice il paziente processo di ascolto reciproco che ‘dà cittadinanza’ all’altro, per richiamare un tema estremamente attuale”.

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