Diocesi: mons. Castellucci (Modena-Nonantola), “se i viaggi della speranza dei migranti non ci interpellassero dovremmo chiederci quale livello di fede e umanità stiamo vivendo”

Se “i ‘viaggi della speranza’, che però facilmente diventano ‘viaggi della disperazione’”, compiuti dai migranti “in condizioni difficili, tra stenti e violenze”, “non ci interpellassero, dovremmo chiederci non solo quale livello di fede, ma quale livello di umanità stiamo vivendo”. Lo ha affermato questa mattina mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, in occasione della festa del partono san Geminiano celebrata nella chiesa di san Francesco. Dopo aver ricordato che “nella Lettera alla città ho cercato di tenere davanti agli occhi la situazione dei migranti, specialmente dei profughi e dei rifugiati, che fuggono da condizioni di vita difficili o pericolose”, Castellucci ha sottolineato come sia “opportuno ricordare che ottant’anni fa, in seguito alle leggi fasciste ‘per la difesa della razza’, molti italiani ebrei furono costretti a emigrare, specialmente negli Stati Uniti; e che molti altri, prima e dopo di loro, dovettero espatriare perché perseguitati politicamente”. Nell’omelia, interamente dedicato al tema del viaggio, l’arcivescovo ha parlato delle “persone che emigrano per cercare una condizione di vita lavorativa migliore”, di chi si sposta per turismo, non solo “per curiosità, avventura, desiderio di conoscenza e distensione” ma a volte “alimentando le reti dello sfruttamento”, dei pellegrinaggi e di chi, come i missionari, viaggia “portando nel cuore il desiderio di annunciare il Signore a tutti, con le opere e le parole”. Ma quello “più difficile di tutti”, è “il viaggio interiore, che getta ponti tra le isole dell’egoismo, che scala le montagne della superbia, che attraversa le gallerie della paura”. Secondo Castellucci, “è però un viaggio necessario, se vogliamo alimentare la nostra umanità, iniettare nel mondo i germi della pace”.

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