(dall’inviato ad Assisi) “L’assistente in una realtà associativa come l’Azione Cattolica ricorda all’associazione innanzitutto la sua dimensione fortemente diocesana, locale e parrocchiale. Sposa il cammino di quella Chiesa e lo sposa fino in fondo. L’Ac rappresenta le gambe sulle quali può camminare una Chiesa locale”. Lo ha detto questa mattina don Antonio Mastantuono, vice assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica, a margine del convegno degli assistenti regionali, diocesani e parrocchiali di Ac, Fuci, Fuci, Meic e Mieac dal titolo “Memoria del futuro. Da 150 anni il prete a servizio dell’Ac”, in corso ad Assisi. “In un’associazione alla quale il Papa ha affidato il compito di essere più missionaria e più popolare, in fondo di ritrovare le sue radici, l’assistente si pone in una dimensione di accompagnamento – ha spiegato il sacerdote -. Pertanto, accompagnare vuol dire non imporre, ma essere capaci di mettersi accanto e di dare indicazioni”. Il legame con la Chiesa locale, secondo don Mastantuono, “porta l’assistente a fare un esercizio di laicità”. “Deve essere capace di cogliere che è al servizio di quel popolo di Dio che presenta domande e fatiche”. Quindi, “deve saper mettersi in ascolto ed essere guida”. Per questo motivo, il compito che è affidato all’assistente è quello di “stare avanti come colui che segna uno stile di vita, in mezzo perché è colui che crea comunione, ma anche di stare dietro, in quanto spinge l’associazione a saper vivere il tempo ed esercitare discernimento sulla Chiesa, sulla realtà e sul mondo”. “Ha il compito di stimolare i laici affinché non si creino vaporosi cenacoli, per cui l’Azione Cattolica diventi autoreferenziale, ma mantenga lo sguardo aperto”.