Alpinismo: Pyz (missionaria in India), “Mackiewicz, disperso sul Nanga Parbat, ha dimostrato che il male in noi può essere sconfitto”

“Tomek ha dimostrato che il male dentro di noi può essere sconfitto, che è possibile risalire la china dopo una caduta e, nonostante tutto, ha sperimentato la pienezza della vita”: così la dottoressa Helena Pyz, missionaria polacca in India parla dell’alpinista Tomek Mackiewicz (43 anni appena compiuti) considerato disperso durante la discesa dal Nanga Parbat (8126 m), nell’Himalaya. Prima di appassionarsi di alpinismo Tomek aveva vissuto un lungo periodo di dipendenza dall’eroina. Uscito dal tunnel della droga, aveva lavorato come volontario in India con bambini malati di lebbra. La dottoressa Pyz rammenta che Tomek, arrivato nel 2000 su una vecchia bicicletta nella struttura da lei gestita, “dopo poco tempo ha voluto partecipare regolarmente alle celebrazioni liturgiche accostandosi anche ai sacramenti”. “È stato un bel periodo della sua vita”, dice, aggiungendo che “mai si sarebbe aspettata” che Tomek per ben sette volte avrebbe tentato di scalare d’inverno la seconda montagna più alta dopo l’Everest. Il 25 gennaio scorso, insieme all’alpinista francese Elisabeth Reval, Mackiewicz è salito in cima al Nanga Parbat ma non è stato più in grado di scendere fino al punto dove avrebbe potuto essere soccorso da altri alpinisti polacchi intervenuti d’urgenza interrompendo la spedizione sul K2 (8611m) ancora mai conquistata in inverno.

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