Stati Uniti: si chiude oggi la campagna nazionale “9 giorni per la vita” promossa dai vescovi

(New York) Si conclude oggi, venerdì 26 gennaio, la campagna nazionale “9 giorni per la vita” promossa dai vescovi statunitensi. Iniziata lo scorso 17 gennaio con la marcia per la vita a Washington, l’iniziativa ricorda il 45° anniversario della decisione della Corte Suprema di legalizzare l’aborto durante tutti e nove i mesi di gravidanza. Durante questi nove giorni si è riflettuto su temi legati alla dignità umana e alla salvaguardia della vita, con particolare attenzione anche ai migranti, in piena sintonia con la campagna della Caritas Internationalis “Share the journey” (Condividi il viaggio). I vescovi, oltre agli appuntamenti di preghiera e di riflessione nelle case e nelle famiglie, hanno invitato tutti i fedeli ad un “pellegrinaggio digitale”, cioè a condividere sui social media le loro testimonianze, azioni, iniziative a sostegno della vita. Scorrendo i vari profili su Twitter e Facebook si trovano selfie, video, commenti e storie di adozioni di mamme che hanno deciso di tenere i bambini, di piccoli giudicati “casi senza speranza” e che ora sono campioni di calcio o ballerine affermate o brillanti studenti universitari. Le condivisioni e i like hanno raggiunto anche i due milioni di utenti e in molti hanno continuato a raccontare il loro impegno in difesa della vita e di accompagnamento alle donne che avevano maturato la scelta di abortire ma che, sostenute da una comunità, hanno scelto di tenere il bambino. Il card. Timothy M. Dolan, presidente della commissione pro-life della Conferenza episcopale Usa, intervenendo alla messa di apertura della campagna ha esordito ricordando che Martin Luther King apriva le manifestazioni per i diritti civili chiedendosi “Perché siamo qui?”. “Noi – ha affermato – siamo qui anzitutto per pregare. Siamo qui per difendere i bambini che non possono parlare e camminare, i bambini non nati. Siamo qui per vincere lo scoraggiamento della derisione, dell’essere ridicolizzati o ignorati solo perché difendiamo la vita. Siamo qui per far sentire ai rappresentanti politici la voce della base e per incoraggiarli a fare una lobby per la vita”. Il cardinale ha ricordato che nel suo Stato, quello di New York, l’aborto è legale fino al momento della nascita e viene pagato “con i soldi delle nostre tasse; mentre chi pratica l’obiezione di coscienza rischia il licenziamento e chi propone progetti alternativi si vede chiudere la propria clinica”. Eppure sul piano politico sono stati fatti passi avanti: è stata proposta una norma federale che impedisce aborti oltre la ventesima settimana e un’ulteriore legge che vieta l’elargizione di fondi a progetti abortivi, che di fatto sono inseriti in una complessa rete di assistenza sanitaria che rendono impossibile verificarne l’utilizzo. Tuttavia le due proposte sono bloccate per veti incrociati all’interno del Congresso.

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