Forum economico mondiale: a Davos dialogo tra le fedi. Card. Turkson, “ricerca di un bene comune come fratelli”

In una sala molto più piccola e molto meno affollata, subito dopo il discorso del presidente americano Donald Trump, oggi a Davos si è parlato del “potere della fede”: rappresentanti delle grandi religioni mondiali per un’ora si sono confrontati su come “guarire le ferite del mondo”. “La nostra fede ci aiuta a navigare in tutto questo, a partire da un principio di fondo: per me come cristiano, la creazione come punto di partenza definisce l’umanità come una famiglia. Noi apparteniamo a una famiglia”. È stato il card. Peter Turkson, prefetto del Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale a parlare per primo dal punto di vista cristiano. “Noi, avendo un padre comune, siamo una famiglia chiamata a vivere insieme nella ricerca di un bene comune come fratelli. Quindi è il principio della solidarietà che ci aiuta a guarire tutte le relazioni fratturate che possono nascere nelle nostre esperienze di vita”. “Le religioni sono coloro che in una narrativa distruttiva, possono portare il senso di unità e di comprensione”, ha affermato Bani Dugal, rappresentante principale della comunità internazionale Baha’i. “Non avviene per magia, ma dobbiamo pensare a quali strutture vanno ripensate”.
“La fede è parte della vita” e ogni gesto della nostra giornata è in qualche modo un atto di fede, ha spiegato Hamza Yusuf Hanson, teologo islamico. “Il mondo è sempre stato fratturato” e questo è un concetto presente in tutte le religioni. “Il problema di fondo è l’arroganza e il bisogno di imparare l’umiltà, per imparare a vivere come famiglia umana”. E ha aggiunto: “Il profeta ci ha detto: non entrerete in paradiso finché non avrete fede e non avrete fede finché non vi amerete gli uni gli altri”. Un esempio concreto del fatto che questa possibilità esista è l’accordo di Parigi sul clima – è emerso nel dialogo – frutto della convergenza e quindi la solidarietà su ciò che abbiamo in comune, l’umanità.
“Quello che noi cattolici chiamiamo peccato è il senso della rottura che si manifesta nella vita delle persone” in varie forme, ha ripreso il card. Turkson. Per superare le fratture, “la nostra tradizione parla di conversione”, che avviene attraverso il dialogo, “riconoscendo le radice comuni”. Nel dibattito, dato il contesto del Forum, si è evidenziato anche il legame tra fede ed economia, sottolineata da Brian J. Grim, presidente della fondazione americana Religious Freedom & Foundation: “Se le persone si danno l’un l’altra la libertà religiosa per essere chi sono e rispettarsi in questo, ciò crea una società che si prende cura di una economia sostenibile”. Nell’intervento di Grim è emerso anche “l’enorme contributo” socio-economico che di fatto le comunità religiose con il loro lavoro portano: in America, per esempio, “le 400mila comunità religiose locali contribuiscono di fatto alla società americana per 1,2 miliardi di dollari l’anno”.

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