Cure palliative: Sicp/Fcp, lavorare per “maggiore informazione ai cittadini e diffusione omogenea e capillare sul territorio”

Avviare un’intensa campagna di informazione dei cittadini per sensibilizzarli sul diritto ad accedere alle cure palliative; attivare l’insegnamento di queste cure a livello di formazione universitaria sia nel percorso pre-laurea di tutte le professioni sanitarie, sia nelle scuole di specialità come previsto nella legge 38/10; stimolare gli Assessorati regionali della Sanità a costituire o completare con adeguato finanziamento le Reti regionali e locali di cure palliative per rendere omogeneo e esigibile il diritto di accesso a queste cure. Sono, in sintesi, i primi tre dei sei punti di un documento sottoscritto dalla Società italiana di cure palliative (Sicp) e dalla Federazione cure palliative (Fcp), consegnato oggi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha ricevuto in udienza una delegazione del Consiglio direttivo dei due organismi. Il testo chiede inoltre di normare il sistema tariffario per le prestazioni di queste cure per renderne “certo e omogeneo il finanziamento” e di approvare rapidamente il decreto attuativo relativo alla formazione del volontariato in cure palliative come previsto dalla legge. Infine, occorre “attivare l’accreditamento istituzionale delle strutture del Terzo settore” per consentire la loro partecipazione alle reti regionali e locali di cure palliative nel rispetto degli standard di qualità delle cure erogate. “La legge 38/2010 ‒ dichiara Italo Penco, presidente Sicp e direttore sanitario della Fondazione Sanità e ricerca di Roma, che ha rappresentato la delegazione ‒ afferma chiaramente che le cure palliative sono un diritto da garantire in modo uniforme in tutto il Paese”. Eppure “il diritto ad una sanità equa, attraverso apposite reti che integrano gli hospice e i reparti ospedalieri con le strutture territoriali e quelle domiciliari, non vede tuttavia ancora luce e molti malati inguaribili (adulti e bambini) continuano ad essere assistiti nei luoghi meno idonei a rispondere ai bisogni complessi di chi si trova nel fine vita”.

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