“Non siamo qui perché siamo migliori degli altri. Non siamo supereroi che, dall’alto, scendono a incontrarsi con i ‘mortali’. Piuttosto siamo inviati con la consapevolezza di essere uomini e donne perdonati. E questa è la fonte della nostra gioia”. È l’identikit della vita consacrata, tracciato dal Papa nel discorso al clero, pronunciato nella cattedrale di Santiago. “Il consacrato è colui e colei che incontra nelle proprie ferite i segni della Risurrezione; che riesce a vedere nelle ferite del mondo la forza della Risurrezione; che, come Gesù, non va incontro ai fratelli con il rimprovero e la condanna”. “Gesù non si presenta ai suoi senza piaghe”, ha ricordato Francesco: “Proprio partendo dalle sue piaghe Tommaso può confessare la fede. Siamo invitati a non dissimulare o nascondere le nostre piaghe”. “Una Chiesa con le piaghe è capace di comprendere le piaghe del mondo di oggi e di farle sue, patirle, accompagnarle e cercare di sanarle”, la tesi del Papa: “Una Chiesa con le piaghe non si pone al centro, non si crede perfetta, ma pone al centro l’unico che può sanare le ferite e che si chiama Gesù Cristo. La consapevolezza di avere delle piaghe ci libera; sì, ci libera dal diventare autoreferenziali, di crederci superiori. Ci libera da quella tendenza prometeica di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato”. “In Gesù, le nostre piaghe sono risorte”, ha proseguito Francesco: “Ci rendono solidali; ci aiutano a distruggere i muri che ci imprigionano in un atteggiamento elitario per stimolarci a gettare ponti e andare incontro a tanti assetati del medesimo amore misericordioso che solo Cristo ci può offrire”. Tra gli altri atteggiamenti stigmatizzati dal Papa, “quell’atteggiamento distruttivo che è il vittimismo” o, al contrario, il “cadere in un ‘tanto è tutto uguale’ che finisce per annacquare qualsiasi impegno nel relativismo più dannoso”. Ugualmente sbagliato, per Francesco, è “considerare chiunque come se fosse un nemico, o non accettare con serenità le contraddizioni o le critiche”. No, inoltre, anche alla “tristezza” e al “malumore”.