Antisemitismo: mons. Spreafico (Cei), il pregiudizio antiebraico? “Non è per nulla morto”

foto SIR/Marco Calvarese

“L’antisemitismo e il pregiudizio antiebraico, che oggi si sposa a volte con l’antisionismo, non è per nulla morto. Basti pensare che il World Jewish Congress ha contato nel 2016 sul web ben 382mila post antisemiti, uno ogni 83 secondi. Non credo che coloro che li hanno postati siano tutti atei”. Fa questa premessa monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, per spiegare al Sir l’importanza che riveste oggi la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Viene celebrata tutti gli anni dalla Chiesa italiana il 17 gennaio (alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani) e nel 2018 è arrivata alla XXIX edizione. Il vescovo sarà a Bologna, il 16 gennaio, per parlarne insieme al Rav Alfonso Arbib, presidente dell’Assemblea rabbinica, su invito del Centro San Domenico e della Facoltà teologica dell’Emilia Romagna. Il vescovo Spreafico condivide con le comunità ebraiche presenti in Italia la preoccupazione di un ritorno, purtroppo sempre più legittimato, di ideologie che sembravano essere archiviate e invita le comunità cattoliche a non abbassare la guardia. “Il rigurgito in Europa di gruppi di estrema destra – osserva Spreafico – si nutre dell’antisemitismo come del pane, si nutre della sua propaganda! Giornate come questa, dunque, sono ancor più necessarie e andrebbero celebrate ovunque. Abbiamo bisogno di riflettere, capire, aiutando le nostre comunità – parlo ovviamente per i cattolici – a recepire l’insegnamento che si è sviluppato a partire dal Concilio come qualcosa di fondamentale non solo per il nostro rapporto con l’ebraismo, ma anche per la comprensione stessa della nostra fede in Gesù di Nazareth, ebreo a tutti gli effetti”. “ L’auspicio è che tutti, dagli esegeti ai teologi, dai catechisti agli insegnanti di religione cattolica, dai sacerdoti ai singoli fedeli laici, promuovano una conoscenza maggiore di quanto la Chiesa cattolica ci ha offerto in questi cinquant’anni, perché senza mutua conoscenza non ci può essere dialogo, e senza dialogo la convivenza diventa difficile, se non impossibile. Solo il dialogo è via alla pace”.

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