Perù: lettera a Papa Francesco delle reti Muqui e “Iglesias y Minería” per denunciare la violenza dei progetti estrattivi verso comunità e ambiente

La rete Muqui Perù (che raccoglie 29 organizzazioni comunitarie in aree minerarie di 11 regioni peruviane) e la rete latinoamericana “Iglesias y Minería” hanno inviato una lettera a papa Francesco, in vista della sua imminente visita in Perù, illustrando la situazione di violenza e criminalizzazione che vivono le comunità che in Perù sono colpite da progetti minerari e cercano di difendere i loro diritti. Le comunità raccolte nelle organizzazioni scrivono di attendersi dal Papa “un messaggio ispiratore e di speranza” ed, al tempo stesso, “di denuncia della situazione ambientale causata da un modello economico consumista, che si riflette nella depredazione da parte delle attività minerarie nei territori dei popoli indigeni”.
“L’imposizione di un modello di consumo mondiale – si legge nella lettera – genera anche l’imposizione di una serie di attività economiche in Paesi come il Perù, il quale è visto dal punto di vista geopolitico solo come un produttore di materie prime a poco prezzo e di manodopera a basso costo, funzionale ai Paesi industrializzati”. Tutto questo provoca il fatto che “la nostra economia imposti il suo futuro solo in base alle attività minerarie e petrolifere, che in entrambi i casi compromettono più del 50 per cento dei territori delle nostre comunità campesine e native, che poco a poco sono condannate alla sparizione per la perdita delle proprie terre”.
“Dobbiamo morire perché il nostro Paese abbia denaro?”, si chiede il dirigente campesino Flavio Huarqque de Apurímac, nel cui territorio è attivo il progetto minerario Las Bambas, portato avanti con capitali cinesi.
La lettera prosegue evidenziando l’incoerenza dei governanti rispetto al messaggio “di speranza e ispiratore” del Santo Padre, e conclude: “I popoli indigeni e le comunità non vogliono che si continui a imporre loro un modello di vita. Vogliono vivere rispettando la natura, della quale si sentono parte, vogliono vivere delle loro attività economiche ancestrali, come l’agricoltura e l’allevamento, che sono anche quelle che reggono l’economia di tipo familiare nel nostro Paese”.

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