Frontiere: Fcei, a Palermo e Lampedusa una conferenza internazionale su “migrazioni, confini, accoglienza”

Inizia sabato prossimo la conferenza internazionale “Vivere e testimoniare la frontiera. Migrazioni, confini, accoglienza” organizzato da Mediterranean Hope (Mh) – Programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) in collaborazione con il Centro diaconale La Noce. Cinque giorni fra Palermo (30 settembre-2 ottobre) e Lampedusa (3-4 ottobre) per riflettere e condividere esperienze su politiche migratorie, confini, buone pratiche di accoglienza e integrazione, corridoi umanitari. Attesi 100 partecipanti provenienti da Italia, El Salvador, Francia, Germania, Grecia, Libano, Mali, Regno Unito, Siria, Spagna, Svezia, Ungheria e Stati Uniti d’America. In programma il 2 ottobre un incontro istituzionale presso la Sala comunale di Villa Niscemi a Palermo con il sindaco, Leoluca Orlando, l’assessore alle Politiche sociali di Palermo Giuseppe Mattina, il pastore Luca Maria Negro, presidente della Fcei, e il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese. A chiusura della giornata, “Migrazioni, diritti umani e buone pratiche” con Jean Fontanieu, segretario generale della Federazione protestante di mutuo soccorso (Fep) in Francia; Doris Peschke, segretaria generale della Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme); il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana; Paolo Naso, politologo e coordinatore di Fcei/Mh. Martedì, a Lampedusa, la cerimonia ecumenica per commemorare le 368 vittime, bambini, donne e uomini morti in mare il 3 ottobre di quattro anni fa nel tristemente noto “naufragio di Lampedusa”.
“Il tema del convegno è ecumenico e internazionale – ha dichiarato Paolo Naso –. La collaborazione nell’accoglienza e per i diritti dei migranti è uno degli aspetti più vitali di questa fase ecumenica e le Chiese si stanno distinguendo per l’incisività del loro impegno. Da qui anche l’internazionalità del convegno: per rafforzare le reti europee e globali, per cercare consenso attorno a proposte condivise come quella, ad esempio, dei corridoi umanitari che noi italiani abbiamo lanciato per primi. La risposta delle chiese sorelle e dei vari organismi ecumenici internazionali è stata molto positiva. Con questa iniziativa vogliamo denunciare l’uso ideologico che si fa della ‘frontiera’, quasi che milioni di migranti premessero su una immaginaria linea del Piave, rotta la quale l’Italia e l’Europa sarebbero invase. Non è così. La frontiera ce la stiamo costruendo nella nostra testa, come simbolo delle nostre paure e dei nostri egoismi che non ci fanno vedere oltre l’uscio dei nostri problemi e dei nostri interessi”.

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