Migranti: Oculik (Ccee), ennesimo naufragio dimostra che “la questione non è risolta”. No a “chiusure e rifiuto”

Il naufragio di ieri, con almeno 100 dispersi al largo delle coste libiche, “dimostra che la questione non è risolta. Guardare da un’altra parte non risolve il problema”: lo afferma al Sir padre Luis Okulik, segretario della Commissione affari sociali del Ccee, a margine dell’incontro dei direttori nazionali per la pastorale dei migranti delle Conferenze episcopali in Europa (Ccee) in corso in questi giorni, a porte chiuse, a Roma. Si tratta del primo naufragio da quando, dopo gli accordi tra Italia e Libia, il flusso dei barconi è notevolmente rallentato. I direttori nazionali per la pastorale dei migranti di tutta Europa, oltre al lavoro quotidiano, cercano di tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica. “Vogliamo far capire quanto è grande la responsabilità di ciascuno di noi nei confronti di una questione che ci interpella tutti – sottolinea padre Okulik -, in quanto cittadini d’Europa ma soprattutto in quanto cristiani. Quando Papa Francesco invita all’accoglienza intende dire che se qualcuno si trova in difficoltà davanti casa mia io devo dare una mano. Questo è molto diverso dal discutere su quante persone devono arrivare in un Paese di destinazione. Non si può fare una lettura politica di una preoccupazione cristiana e umana. Ognuno interviene sulla questione in base al ruolo che ha nella società. La Chiesa cerca di farlo per amore delle persone che sono nel bisogno”. Riguardo agli atteggiamenti di chiusura e rifiuto nei confronti dei migranti, oramai diffusi in molti Paesi europei, padre Okulik spiega che “la Chiesa cattolica cerca sempre di favorire una immagine positiva della mobilità umana, sottolineando il valore che c’è nello spostamento delle persone e riconoscendo che è un fenomeno dei tempi moderni da affrontare con grandezza di cuore”. “Non si potrà rispondere con chiusure e rifiuto perché le migrazioni già fanno già parte di una redistribuzione delle popolazione nella geografia – conclude -. Cerchiamo di esseri presenti, di renderci utili nella solidarietà”.

 

 

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