Processo in Vaticano: durata sei ore la quarta udienza, dedicata all’interrogatorio di Massimo Spina

È durata sei ore, dalle 14.30 alle 20.30, la quarta udienza del processo per la distrazione di fondi alla Fondazione Bambino Gesù, che è stata dedicata all’interrogatorio di Massimo Spina, il secondo imputato di peculato insieme a Giuseppe Profiti, ex presidente. A riferirlo è stato il “pool” di giornalisti ammessi al processo. Spina, in sostanza, ha confermato la sua linea difensiva, che è sempre stata quella di essere un mero esecutore delle volontà del presidente Profiti: “Non potevo firmare contratti, la Fondazione aveva una struttura organizzativa inesistente, non sono un pubblico ufficiale”. Quanto ai rapporti con l’imprenditore Bandera, Spina ha dichiarato di aver fatto solo una richiesta tramite una lettera che chiedeva conto della donazione di una delle sue società, la “New Deal”, ma soltanto – ha precisato – per motivi di chiusura di bilancio. Bandera, infatti, aveva promesso una donazione di 200mila euro, ma non essendo arrivata alcuna risposta in merito, Spina ha proposto una svalutazione dell’offerta da 200mila a 100mila euro. “Chi firmava era Profiti”, ha ribadito Spina, facendo presente che le sue sigle erano soltanto ad uso interno per dimostrare la corrispondenza con le fatture. Spina ha, inoltre, dichiarato di essere venuto a conoscenza del progetto di ristrutturazione dell’attico del card. Tarcisio Bertone da Profiti, solo nel momento in cui è arrivata la prima fattura. Quando, il 28 maggio 2014, la notizia è finita sui giornali con la foto dell’attico in questione, Spina ha chiamato Profiti per capire cosa stesse succedendo: “Non perché avessi dubbi sulla correttezza delle operazioni e fatturazioni – ha chiarito – ma per capire quali conseguenze il clamore mediatico avrebbe avuto”. I  due si sono visti in un bar e Spina ha ricevuto da Profiti il mandato di continuare a fare il tesoriere e di pagare l’ultima fattura. Spina ha avuto inoltre rassicurazioni da Profiti, perché – gli ha detto quest’ultimo – “il card. Bertone aveva chiarito di persona la vicenda con il Santo Padre”. Tutto ciò, ha puntualizzato Spina, “non con tono intimidatorio, ma colloquiale, anche se ci davamo del lei. Lui era mio capo, io ero suo sottoposto”.
Spina ha detto di non aver mai avuto dubbi sull’operazioni perché “quando c’è dietro una lettera del segretario di Stato non si possono avere dubbi”: senza contare i nomi presenti nel Consiglio direttivo, tra cui quelli di Geronzi, Passera, Melazzini e Acerra, e la garanzia di un presidente come Profiti.  “Se c’era un’anomalia da denunciare, io sarà stato ingenuo ma non la vedevo”, ha dichiarato Spina rispondendo ad una domanda in merito ad un riscontro di una qualche irregolarità dell’operazione. Gli articoli e le prime foto dei giornali risalgono al 28 maggio 2014, ma i ponteggi erano stati allestiti già dal novembre 2013, ha sottolineato Spina, facendo notare che “tutti passando potevano vederli”. “Ma nessuno ha la contezza dei passaggi che si sono dietro”, la replica del Promotore di Giustizia. Spina, infine, ha fatto notare che la Fondazione Bambino Gesù non era nuova a fare investimenti per finalità di “fund raising”, come era successo con la pubblicità della Ford, per la quale erano stati spesi 170mila euro, “cifra non irrilevante”. Dopo la presentazione del bilancio alla presidente Enoc, Spina non ha ricevuto più alcuna documentazione e a novembre è stato sollevato dall’incarico, per svolgere il quale riceveva la cifra di tremila euro al mese: un emolumento aggiuntivo a cui ha rinunciato, visto che riceveva già lo stipendio di amministratore dell’ospedale.

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