Migranti e salute: Ois, formazione per medici e operatori sanitari al Centro Astalli, con sostegno Obolo di San Pietro

Corsi di formazione per medici e operatori sanitari sulla medicina delle migrazioni, per avere personale preparato sia al momento dell’accoglienza dei migranti, sia nei territori. È il progetto “Sanità di frontiera” promosso dall’Osservatorio internazionale per la salute (Ois) e presentato oggi a Roma al Senato della Repubblica, realizzato in partenariato con tante realtà e sostenuto anche dall’Obolo di San Pietro. La seconda edizione del corso gratuito (la prima si è svolta a Lampedusa) partirà domani e fino al 22 settembre a Roma, presso il Centro Astalli. Le richieste sono state oltre 600, perciò saranno strutturati anche corsi web a distanza per 5.000 operatori ogni anno. “Per noi la salute non ha frontiere – ha spiegato Francesco Aureli, presidente di Ois – se non quelle culturali e dovute ai traumi psicologici che vivono i migranti”. Il presidente del Comitato scientifico Giuseppe Petrella ha spiegato l’intenzione “di colmare un vuoto attraverso la formazione a distanza, che rappresenta il futuro”. Per padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, “curare e prendersi cura dei migranti forzati rappresenta un passo fondamentale per l’integrazione delle persone. Se non si cura il migrante forzato e non si tiene conto del suo percorso migratorio, che è un percorso di tortura, il processo di integrazione viene meno”. Padre Ripamonti auspica che attraverso questo corso “sia superato il clima ostile nei confronti dei migranti e i medici possano fare da ponte per ricreare un clima di pace sociale”. Il medico di Lampedusa Pietro Bartolo ha poi ribadito che “i migranti non portano malattie gravi che possono far preoccupare gli europei, perché sono malattie legate alle patologie del viaggio e al disagio psicologico”. Una delle ultime orribili “patologie” che è stato costretto a verificare, oltre alle bruciature causate dalla miscela di acqua e benzina su “gommoni che sono in realtà canotti” è “il tentativo di scuoiarli – ha raccontato -, perché nell’inferno della Libia non sono trattati da esseri umani, soprattutto le donne, che arrivano quasi tutte violentate e incinte”. Bartolo ha concluso affermando che “Lampedusa continuerà ad essere un’isola accogliente e lo rimarrà sempre, nonostante le polemiche”.

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