Don Tom Uzhunallil: p. Artime (Rettor Maggiore), “non sappiamo se è stato pagato riscatto”. I momenti della liberazione

“Non sappiamo se sia stato pagato un riscatto e chi ha reso possibile la liberazione. Io ero a Malta quando ci hanno chiamato per dirci che padre Tom era su un aereo dell’Oman che lo avrebbe portato a Fiumicino”: così il Rettor maggior dei salesiani, padre Ángel Fernández Artime, ha introdotto oggi a Roma la prima conferenza stampa di don Tom Uzhunallil, il salesiano liberato dopo 18 mesi dal rapimento in Yemen il 4 marzo del 2016, durante l’attacco di un commando armato che ha ucciso 16 persone, tra cui quattro suore Missionarie della Carità. Il Rettor maggior ha detto di “non sapere bene come sono stati i movimenti: non ci aspettavamo nulla fino al momento in cui abbiamo ricevuto la telefonata”. Don Tom ha poi raccontato nei dettagli il momento della sua liberazione: “Il giorno prima uno dei miei sequestratori mi ha detto: ‘Abbiamo buone notizie per te. Ti mandiamo a casa’”. Gli restituiscono gli stessi pantaloni che aveva 18 mesi prima con una cintura (nonostante avesse perso nel frattempo 30 chili), gli fanno fare una doccia e lo conducono in macchina con altre 3 persone in una località a tre o quattro ore di viaggio. Aspettano ma qualcosa va storto, perché tornano indietro. “Mi hanno detto: ‘Forse hai pregato solo il tuo terzo Dio, prova a pregare il secondo’. Questo perché non capiscono bene la Trinità”, ha spiegato don Tom, che non ha perso il senso dell’ironia e racconta in continuazione aneddoti. Lo riportano nella casa dove è recluso e nel cuore della notte lo svegliano. Stavolta gli fanno indossare un burka da donna sopra i suoi abiti e di nuovo lo infilano in un’automobile con tre persone. “Siamo arrivati nello stesso posto del giorno prima – ha detto –  e abbiamo aspettato due ore”. Fino all’arrivo dei suoi liberatori. “Un uomo mi ha preso la mano, ha controllato la foto se fossi io e abbiamo viaggiato fino alla mattina dopo nel deserto. Ho capito solo dopo che ho passato la frontiera dello Yemen ed ero in Oman”. Qui è stato accolto dalle autorità che gli hanno dato abiti, una valigia e un rasoio per radere una lunga barba di 18 mesi. Il giorno dopo era a Roma dal Papa. “Senza questa avventura – ha concluso con un sorriso – non lo avrei mai visto di persona. Non sono stato capace di dirgli le parole giuste perché ero molto commosso. Papa Francesco mi ha baciato le mani e benedetto e mi sono sentito indegno. So che ha pregato per me”.

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