Yemen: Ahmed (Oxfam), “aiuti umanitari, accordo di pace e no export armi”

“Aiuti umanitari, accordo di pace e no export armi”: sono le tre priorità per aiutare la popolazione dello Yemen secondo Manzoor Ahmed Awan, vicedirettore del progetto di Oxfam nello Yemen, che racconta in una intervista al Sir una delle più gravi emergenze sanitarie e umanitarie di questo periodo: dall’inizio della guerra civile nel 2015 sono morte 10.000 persone. Due milioni di persone sono sfollate, solo 1 milione è tornato nelle proprie case ma le persone continuano a scappare a seconda di come si muove la linea del fronte. Ci sono 19 milioni di abitanti, il 70% della popolazione, bisognose di assistenza, di cui 17 milioni senza cibo a sufficienza e 14 milioni senza acqua potabile e servizi igienici. La metà delle strutture sanitarie sono state bombardate, mentre la popolazione è stata colpita da una delle più gravi epidemie di colera della storia, con 554.197 casi dall’inizio del conflitto e 2.000 morti, a causa della mancanza di acqua pulita. “Questa è la seconda ondata di colera – racconta Ahmed dalla capitale Sana’a -. Il tasso di contagiosità si è abbassato e i nuovi casi sono diminuiti e questo è positivo. Ma la mancanza di acqua pulita, di servizi igienici, l’insicurezza alimentare contribuiscono ad aumentare i rischi. Aver coinvolto 550.000 persone significa che è uno dei più vasti focolai e in queste condizioni può ripetersi ancora”. Gli staff umanitari, prosegue, “non riescono facilmente ad accedere ad alcune zone del Paese, ci sono ritardi nella concessione dei visti e minacce per la sicurezza ovunque”.

Intanto Paesi occidentali, Italia compresa, continuano a vendere le armi ad entrambi i contendenti (le truppe governative appoggiate dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita e i ribelli sciiti della tribù houthi sostenuti dall’Iran) ma non si prodigano negli aiuti umanitari. “Solo il 50% delle risorse necessarie sono arrivate a destinazione”, denuncia Ahmed. “Il conflitto è diventato parte della vita degli yemeniti – racconta -. Ci sono combattimenti in prima linea, bombardamenti aerei frequenti e vittime civili. L’aeroporto di Sana’a è chiuso da un anno ai voli commerciali e si rischia anche la chiusura del porto di Hudaida, la via principale per far arrivare gli aiuti, che funziona ancora parzialmente”. Ahmed descrive un Paese con una inflazione aumentata del 30% soprattutto sui generi alimentari, con insegnanti e personale sanitario che non ricevono stipendi da 9 mesi. Secondo Ahmed la guerra nello Yemen “non è solo un conflitto dimenticato, è una crisi umanitaria dimenticata”. Tre le priorità contenute nel suo appello: “Donatori che sostengano l’appello umanitario mettendo a disposizione risorse, quest’anno finanziate solo per il 50%; sedersi intorno ad un tavolo per risolvere la questione politicamente e pacificamente e trovare un accordo di pace; non sostenere la guerra vendendo armi ad entrambi i contendenti”.

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