Ecuador: il presidente Moreno toglie tutte le deleghe al suo vice Glas. I vescovi: “Al primo posto il bene comune e la lotta alla corruzione”

Crisi politica in Ecuador a soli quattro mesi dalle elezioni presidenziali e a tre dall’insediamento del presidente Lenín Moreno. Ieri il presidente ha tolto tutte le deleghe al suo vice Jorge Glas, fedelissimo dell’ex capo dello Stato Rafael Correa, che ha guidato il Paese negli ultimi dieci anni. Sia Moreno sia Glas fanno parte del partito di sinistra di maggioranza, Alianza País. Il motivo ufficiale del ritiro delle deleghe è il coinvolgimento di Glas nell’inchiesta Odebrecht, la gigantesca “tangentopoli” continentale partita dal Brasile. È presto per capire se il partito di maggioranza rischi divisioni insanabili. Fin da subito dopo l’insediamento però sono apparse evidenti le divergenze di vedute tra presidente (propenso a qualche discontinuità, soprattutto nello stile, rispetto a Correa) e il suo vice, che gode dell’appoggio di Correa. In ogni caso si tratta di una situazione politica molto delicata, anche in considerazione della crisi in atto in Venezuela.
Di fronte alla rottura tra Moreno e Glas, la Conferenza episcopale ecuadoriana è immediatamente intervenuta con un comunicato stampa del Consiglio di presidenza: “Noi vescovi dell’Ecuador esprimiamo la nostra preoccupazione e chiediamo a coloro che hanno responsabilità politiche, così come ai cittadini, che sia rispettato il Paese come istituzione e che il bene comune sia messo al primo posto rispetto agli interessi di partito e ideologici così come indicano la nostra Costituzione e la volontà popolare emersa dalle urne. Questa rottura non può né deve distrarre il Paese dal cammino intrapreso dal presidente della Repubblica né mettere in ombra l’azione della magistratura e degli organi di controllo dello Stato contro la corruzione. Il momento che stiamo vivendo esige che tutti, governanti e governati, mostrino equilibrio, trasparenza e rispetto della legge”. Prosegue il comunicato dalla Conferenza episcopale: “Noi siamo principalmente preoccupati per l’impoverimento del nostro popolo, prima vittima della crisi economica ed etica; esso soffre sulla propria carne delle conseguenze di una corruzione che, in alcun modo, può restare impunita, poiché sempre l’impunità causa ancora maggiore corruzione”.

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