Droga: Squillaci (Fict), “di fronte ad una ragazza che muore di ecstasy nessuno si può sentire assolto”. “La prevenzione è l’unico mezzo efficace”

“Di fronte al dramma di una ragazza che muore di ecstasy nessuno si può sentire assolto, nessuno può dire: io non c’entro. È una società intera che deve interrogarsi sulle proprie responsabilità”. È quanto afferma Luciano Squillaci, presidente della Fict (Federazione italiana comunità terapeutiche) commentando la recente morte a Chiavari di una ragazza che aveva assunto una pastiglia. “Ribadisco un concetto che abbiamo più volte enunciato: dobbiamo sconfiggere questa tendenza sociale e culturale a normalizzare tutto, questa sorta di resa generalizzata, di triste accettazione che certifica la sconfitta contro le dipendenze e il disagio”, prosegue Squillaci. “C’è voluta la morte di Adele, l’ennesimo caso eclatante – accusa il presidente della Fict – per risollevare l’attenzione al problema dei giovani e della droga, per svegliare la popolazione e i media dal sonno profondo e anestetico”. “Mi addolora affermarlo ma abbiamo perso il senso di responsabilità civile e sociale, abbiamo perso la percezione del senso di comunità. Dietro la notizia, dietro i commenti di noi esperti del settore, si nasconde il male più oscuro: la rassegnazione, giustificazione ed anticamera del disimpegno”. Secondo la Fict i dati contenuti nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia “confermano quello che vediamo nei nostri 600 servizi”. “La droga – continua la nota – è un grande business in continua evoluzione: in un anno si spendono oltre 14 miliardi di euro per l’acquisto di sostanze, di cui, si legge nella Relazione, il 43% attribuibile al consumo di cocaina, il 28,2% di cannabis, il 16,2% di eroina”. Per Squillaci, è la “mancanza di consapevolezza che preoccupa maggiormente, perché porta il giovane a non riconoscere la realtà ed a sottovalutare rischi e conseguenze delle proprie azioni”. “La prevenzione, intesa in termini di percorsi educativi strutturati e non di interventi ‘spot’ nelle scuole, è l’unico mezzo efficace”, ammonisce il presidente della Fict che accusa: “È triste leggere nel testo della Relazione che i progetti che mirano ad accrescere la consapevolezza dei rischi per la salute derivanti dalla pratica di comportamenti a rischio sono passati dal 65,9% del 2007 al 67,4% del 2011 al 61,5% nell’ultimo anno”.

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