Vescovi: p. Fares (“La Civiltà Cattolica”), per il Papa è “cattivo pastore” chi “svende l’eredità ricevuta gratuitamente”

Per Papa Francesco il buon pastore è colui che ha “l’odore delle pecore”. Il “cattivo pastore”, invece, non è solo il mercenario ma colui che vende, o meglio, “‘svende’ l’eredità ricevuta gratuitamente”. Quest’ultima immagine appartiene ad un saggio pubblicato nel 1983 dall’allora Jorge Bergoglio, “Il cattivo superiore e la sua immagine”, riferito allora al superiore della Compagnia di Gesù. A soffermarsi sui profili del buono e del cattivo pastore secondo il superiore gesuita Bergoglio prima, il vescovo di Roma poi, è padre Diego Fares nell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”. “All’inizio del suo pontificato – scrive Fares -, Francesco ha tracciato un profilo del cattivo vescovo, a cui egli fa sempre riferimento, e nel quale si possono riconoscere le caratteristiche di chi vende l’eredità per scansare il lavoro (psicologia da ‘prìncipi’), per mondanità spirituale (ricerca dell’episcopato) o per mancanza di pietà (non essere ‘sposi della Chiesa’)”. Si tratta del “vescovo distante dai suoi sacerdoti e dal popolo fedele” di cui Francesco “fustiga la pigrizia pastorale, quando questa fa sì che si svalutino il tesoro e la ricchezza più grandi dell’eredità ricevuta, che per lui consistono nel popolo fedele e nei suoi sacerdoti”. La seconda caratteristica del vescovo che “vende l’eredità” è, prosegue Fares, “quella di aver perduto la memoria dell’eredità ricevuta, e ciò lo priva del coraggio di discernere. Egli dubita, cavilla, rinvia o non vede ciò che conduce al bene e ciò che conduce al male nella vita del suo popolo”. La terza è “essere una persona a cui manca la pietas. Una mancanza che si può nascondere dietro l’atteggiamento di esagerare la pietà su alcuni punti e nello stesso tempo trascurarla in altri”. Riguardo alle malattie della Curia, chiosa il gesuita, “Francesco ha messo in risalto il sintomo di tale tentazione, parlando delle ‘mormorazioni’ e di coloro che formano ‘circoli chiusi’. Nei vescovi un simile modo di agire è sintomo di qualcosa di più grave: la mancanza di spirito sinodale. È una tentazione contro lo Spirito Santo, che è Colui che fa procedere tutti insieme, uniti tra loro e con il capo”.

 

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