Settimana sociale: p. Occhetta (“La Civiltà Cattolica”), “il lavoro dev’essere ripensato insieme alla formazione e alla famiglia”

“Il lavoro deve essere ripensato insieme alla formazione e alla famiglia”. È quanto scrive padre Francesco Occhetta in un focus dedicato alla 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani pubblicato sull’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”. Per Occhetta, “se non si potenzia il rapporto scuola-lavoro, il divario tra la domanda di competenze delle imprese e quelle acquisite dai ragazzi che terminano la scuola è destinato ad aumentare”. Anche perché già oggi “la scuola non sta preparando i giovani ai lavori per i quali c’è domanda di assunzione”. “Il lavoro per i giovani – aggiunge il gesuita – si può trovare nel terziario, nell’artigianato, nella produzione manifatturiera, nella filiera delle apparecchiature e dei macchinari; nel settore enogastronomico e in quello turistico; nel settore del lusso”. Ma “servono ‘mentori’ qualificati che accompagnino il percorso dei (giovani) lavoratori e aiutino i talenti a distinguersi, e i meno capaci a realizzarsi”. Questa potrebbe essere “un’opportunità soprattutto per le tante scuole cattoliche presenti nel territorio italiano, che sono in prima linea nella formazione dei giovani”. Inoltre, “parlare di lavoro significa anche investire sulla famiglia”, ricorda Occhetta richiamando il “Fondo opportunità”, gli “Affitti di emancipazione” e il “Pacchetto giovani famiglie”. “Un altro nucleo di riforme – prosegue – riguarda i diritti dei (nuovi) lavoratori”, le relative “tutele previdenziali e assicurative”, il “salario equo” e “condizioni lavorative sicure”. Secondo il gesuita, “una sfida per la Chiesa in Italia e per quella parte della società civile più impegnata nel sociale è rendere culturale la riforma del Terzo Settore”. A cui si aggiunge “la svolta culturale: gli operatori del settore sono chiamati a diventare produttivi per finanziare i propri scopi e creare occupazione, senza snaturare la propria missione sociale”. “In gioco per la Chiesa, oltre alla ‘cosa’ (il lavoro), c’è il ‘come’ (la qualità umana dei lavori)”. Per cui “da premiare sono i doni di cui ogni lavoratore è portatore, non il merito, che finisce per creare disuguaglianza”. “È questa – conclude – la scommessa della Chiesa, che chiede un mercato non ripiegato sull’obiettivo del profitto a tutti i costi”.

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