Dna modificato: Pessina (Univ. Cattolica), “non basta la finalità terapeutica a legittimare un atto che stravolge il senso della generazione umana”

“Non basta la finalità terapeutica a legittimare un atto che stravolge il senso della generazione umana”. Lo sostiene, in una nota, il direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, Adriano Pessina, appena nominato membro del direttivo della Pontificia Accademia per la Vita, commentando l’esperimento di modifica del genoma umano annunciato dalla rivista Nature. “Il risultato – evidenzia Pessina – sembra entusiasmante, ma non possiamo dimenticare come è stato ottenuto. Non possiamo ignorare che una terapia, in qualsiasi protocollo scientifico, va sperimentata in funzione anche di chi viene sottoposto all’esperimento, mentre qui gli embrioni umani sono stati generati appositamente per fare questa ricerca e poi sono stati distrutti”. Per il direttore del Centro di Ateneo di Bioetica, “non dobbiamo passare sotto silenzio che l’embrione umano, comunque venga generato, in qualunque modo e luogo sia generato, è di fatto e di diritto il ‘figlio’ di qualcuno e non deve essere trattato come una ‘cosa’, come ‘neutro materiale genetico’”. E, aggiunge, “non possiamo essere tranquillizzati dal fatto che i ricercatori si siano creati un comitato etico apposito che li ha autorizzati, e che abbiano reclutato i donatori di gameti tramite pubblicità stampa e via web, ma che abbiano fatto sottoscrivere un modulo di consenso informato a quelli che geneticamente e biologicamente restano “genitori”. Stupisce, secondo Pessina, “la facilità con cui i progetti di ricerca riescano ad autolegittimarsi oltrepassando anni di discussione e di riflessione etica sui problemi connessi con la manipolazione del genoma umano”. Infatti, “non bastano le procedure, non basta la finalità terapeutica a legittimare un atto che stravolge il senso della generazione umana e trasforma un essere umano in una ‘cosa’ da sottoporre a esperimento e da distruggere perché, anche se ‘guarito’ dalla patologia, il senso della sua esistenza era quello di essere una ‘cavia umana’, per quanto microscopica, nella sua iniziale fase di vita”.

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