Armi nucleari: mons. Ricchiuti (Pax Christi), “vanno bandite. Indigna l’assenza di una prospettiva di discussione e riflessione”

“La coscienza dei cattolici e di chiunque operi da cattolico nel mondo e nella storia non può venire a compromessi sul tema dei test e delle armi nucleari che, ‘sic et simpliciter’, vanno bandite”. Lo afferma al Sir mons. Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi Italia, in occasione della Giornata internazionale contro i test nucleari, istituita dall’Onu nel 2009. “In sintonia con la parola autorevolissima di Papa Francesco, secondo il quale la strada della produzione delle armi nucleari va abbandonata”, mons. Ricchiuti sottolinea come “soprattutto nel corso del 2017, Pax Christi è intervenuta più volte per chiedere che si abbandoni la strada degli armamenti nucleari, che porta alla distruzione di questo nostro mondo”. Il presidente di Pax Christi ricorda poi che “l’Italia non ha sottoscritto il trattato firmato lo scorso 7 luglio all’Onu per la messa al bando delle armi nucleari”. “Alla domanda sul perché il nostro Paese non abbia firmato, il Governo risponde che riguardo alle armi e a quelle nucleari, il loro commercio, la loro vendita – in modo particolare dell’Italia all’Arabia Saudita così come per l’acquisto degli F-35 -, ci sono accordi scritti con gli Stati Uniti e i Paesi della Nato a cui non possiamo venire meno”. “Esprimo il mio personale dispiacere, unito a quello di molti altri, rispetto all’assenza dell’Italia su questo impegno a non produrre più armi nucleari”, aggiunge il vescovo. “Resta unicamente, ancora una volta, la voce del Papa e del popolo della pace ad esprimere contrarietà alle armi nucleari, perché non è possibile continuare su questa strada”. “C’è una sordità ad ascoltare l’appello dell’umanità che chiede ai nostri governanti di smettere con il commercio delle armi”. “Anche quanto successo rispetto ad una possibile riconversione della Rwm di Domusnovas, in Sardegna, fabbrica impegnata nella produzione delle armi, non è un bel segnale”. “Nessuno di noi è così ingenuo da pensare che si chiude oggi con la produzione delle armi e da domani inizia un’altra produzione, ci vuole tempo”, riconosce Ricchiuti, ma “ciò che indigna di più è che non si apre nemmeno la prospettiva di una discussione e riflessione sul tema”.

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