Notizie Sir del giorno: messaggio del Papa a studenti carcere, Lojudice su sgombero a Roma, Amatrice un anno dopo

Papa Francesco: videomessaggio a studenti carcere Ezeiza, “pena con speranza” di “reinserimento sociale”

“Gli interni stanno scontando una pena, una pena per un errore commesso. Ma non dimentichiamo che, affinché la pena sia feconda, deve avere un orizzonte di speranza, altrimenti resta rinchiusa in se stessa ed è soltanto uno strumento di tortura, non è feconda”. Lo ha detto il Papa, nel videomessaggio in spagnolo inviato oggi al Centro di Studenti universitari del Complesso penitenziario federale di Ezeiza, in Argentina. “Pena con speranza, allora è feconda”, la ricetta di Francesco: “Speranza di reinserimento sociale, e per questo, formazione sociale, guardando al  futuro, e questo è quello che state facendo voi”. Il Papa, che ha esordito ricordando le sue telefonate domenicali al Penale e ha ringraziato tutti i responsabili, gli operatori penitenziari e gli interni incaricati del Centro di studenti, ha citato l’ultima nuova iniziativa lanciata nel penitenziario argentino:  “Con questo nuovo corso di musica – ha detto – state guardando al reinserimento sociale, già adesso vi state reinserendo con gli studi, con l’Università di Buenos  Aires, state guardando al reinserimento sociale. È una pena con speranza, una pena con orizzonte. Torno a dire, i problemi ci sono e ci saranno, ma l’orizzonte è più grande dei problemi, la speranza  supera tutti i problemi”.

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Sgombero rifugiati a Roma: mons. Lojudice (vescovo ausiliare), “così diventiamo ridicoli. Apriamo dialogo progettuale”

“La colpa non è degli uni o degli altri ma della nostra incapacità cronica, come italiani, a metterci seriamente intorno ad un tavolo per stabilire cosa può fare ciascuno”. Così mons. Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma, commenta in un’intervista al Sir l’azione delle forze dell’ordine oggi a piazza Indipendenza, nei confronti di poche decine di rifugiati accampati da giorni dopo lo sgombero da via Curtatone. Mons. Lojudice era in piazza e ha assistito alla scena. “Sono sgomento – dice -. Il problema è che manca un meccanismo di mediazione e di dialogo. Le donne si piazzavano davanti e sono partiti gli idranti. Non si capisce chi decide, cosa c’è dietro, non si sa con chi parlare, chi fa intermediazione. E’ un caos totale. Fa impressione – e una certa paura – vedere gestire le situazioni in questo modo” .”Chi ci vede dall’estero – prosegue – può pensare che in piazza ci fossero 100.000 persone. Invece no, c’erano una ventina di persone ma sembrava di stare in un assetto di guerra. Uno spiegamento di forze con 100 poliziotti, blindati, idranti, per un gruppetto di donne accampate per protesta. Non si possono risolvere i problemi in questo modo: diventiamo ridicoli agli occhi dell’opinione pubblica mondiale”. Mons. Lojudice si dice disponibile, come Chiesa di Roma, “a farci promotori di un dialogo, di una vera confluenza di forze soprattutto sul piano della progettualità, prima ancora di arrivare all’azione materiale, fisica dello sgombero”.

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Amatrice, un anno dopo: mons. Pompili, il paese “rinascerà. Ma è bene che conservi perfino le ferite”

“La ricostruzione sarà vera o falsa. È falsa quando procediamo alla giornata, senza sapere dove andare. Mi chiedo: siamo forse in attesa che l’oblio scenda sulla nostra generazione per lasciare ai nostri figli il compito di cavarsela, magari altrove? Rinviare non paga mai. Neanche in politica, perché il tempo è una variabile decisiva”. Lo ha detto mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, celebrando oggi ad Amatrice la Messa in ricordo delle vittime del sisma di un anno fa, 24 agosto 2016. “La ricostruzione – al contrario – è vera quando evita frasi fatte – ‘Ricostruiremo com’era, dov’era’ – e chiarisce che ricostruire è possibile. Ma non l’identico, bensì l’autentico”. “L’identità di un borgo storico – ha spiegato il presule – è sempre dinamica e la storia non torna mai indietro. Ricostruire vuol dire sempre andare avanti. Anche Amatrice allora rinascerà. Ma è bene che conservi perfino le ferite, perché da quelle le future generazioni apprenderanno che la città, più che dalle sue mura e dalle sue vie, è fatta dall’ingegno e dalla passione di chi la edifica”. “Lasciamoci ispirare dal cielo che ci circonda e invita ad allargare l’orizzonte, ad alzare lo sguardo rispetto alle nostre preoccupazioni immediate e ai nostri pregiudizi istintivi – è stato il monito finale del vescovo di Rieti -, allora ci sorprenderemo a vivere, tra qualche anno, in un contesto che credevamo di conoscere, ma non aveva ancora svelato tutta la sua bellezza. Non basta nascere, infatti, bisogna imparare a rinascere. Questa è la fede. Ma anche la ricostruzione che verrà, se verrà”.

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Papa Francesco: al Cal, “la liturgia è popolare e non clericale, raccoglie tutti senza scartare nessuno”

“La liturgia è vita per l’intero popolo della Chiesa”, “per sua natura è popolare e non clericale”, in quanto è “un’azione per il popolo, ma anche del popolo”. Lo ha detto il Papa, ricevendo oggi in udienza i membri del Cal, ai quali ha ricordato che il rito liturgico “è l’azione che Dio stesso compie in favore del suo popolo, ma anche l’azione del popolo che ascolta Dio che parla e reagisce lodandolo, invocandolo, accogliendo l’inesauribile sorgente di vita e di misericordia che fluisce dai santi segni”. “La Chiesa in preghiera raccoglie tutti coloro che hanno il cuore in ascolto del Vangelo, senza scartare nessuno”, ha ammonito Francesco: “Sono convocati piccoli e grandi, ricchi e poveri, fanciulli e anziani, sani e malati, giusti e peccatori”, perché “l’assemblea liturgica supera, in Cristo, ogni confine di età, razza, lingua e nazione”. “La portata popolare della liturgia ci ricorda che essa è inclusiva e non esclusiva, fautrice di comunione con tutti senza tuttavia omologare, poiché chiama ciascuno, con la sua vocazione e originalità, a contribuire nell’edificare il corpo di Cristo”, ha proseguito il Papa:  “L’Eucaristia non è un sacramento ‘per me’, è il sacramento di molti che formano un solo corpo, il santo popolo fedele di Dio”. “Non dobbiamo dimenticare che è anzittutto la liturgia ad esprimere la pietas di tutto il popolo di Dio, prolungata poi da pii esercizi e devozioni che conosciamo con il nome di pietà popolare, da valorizzare e incoraggiare in armonia con la liturgia”, ha affermato Francesco.

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Terremoto a Ischia: Caritas diocesana, aperti punti ristoro e per aiuto psicologico in tre piazze

Mentre oggi si ricorda il terremoto che un anno fa devastò il Centro Italia, a Ischia, colpita lunedì scorso dal sisma, la Caritas diocesana mette in campo nuove iniziative per aiutare chi sta soffrendo disagi per aver perso la casa nei crolli che sono seguiti alla scossa. La Caritas ha, infatti, aperto aree di ristoro in tre piazze: piazza Maio, Fango e piazza Santa Restituta, dove vengono distribuiti pacchetti-pranzo dalle 13 alle 14,30 e dalle 19,30 alle 21, e dove è possibile incontrare professionisti che offrono ascolto psicologico, orientamento e informazione. Tale servizio è organizzato in collaborazione con il Consultorio diocesano Giovanni Paolo II, l’Associazione “Oltre” onlus e l’Associazione Papa Giovanni XXIII.

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Repubblica Centrafricana: mons. Schick (Bamberg), “la comunità internazionale lavori per mettere fine alle uccisioni”

“Quasi tutto il Paese è tenuto in un regime di terrore da parte di diversi gruppi di terroristi armati. Gravi violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno: la comunità internazionale lavori per mettere fine alle uccisioni nella Repubblica Centrafricana”. Questo il messaggio che arriva dall’arcivescovo Ludwig Schick (Bamberg), presidente della Commissione Chiesa universale della Conferenza episcopale tedesca, appena rientrato da un viaggio nella Repubblica Centrafricana. Mons. Schick ha incontrato diversi vescovi e rappresentanti degli ordini religiosi attivi nel Paese che gli hanno descritto la situazione, i pesanti contrasti tra le milizie della Séléka, Anti-Balaka e i Caschi blu dell’Onu. “In 14 delle 16 province del Paese le forze dell’ordine statali sono quasi assenti”, migliaia le persone sfollate che non riescono a ricevere gli aiuti umanitari. Mons. Schick ha sottolineato: “Anche se alcuni gruppi armati strumentalizzano la religione per i propri interessi, è invece chiaro che in gioco sono interessi economici e potere e che le motivazioni del conflitto sono molteplici”. Secondo quanto riferito da un comunicato della Conferenza episcopale, l’arcivescovo tedesco ha incontrato anche il ministro degli esteri Charles Armel Doubane, il vicepresidente dell’assemblea nazionale e diversi parlamentari. Si è svolto un incontro anche con l’imam Kobine Layama, che ha contribuito alla fondazione della “Piattaforma delle religioni” nel 2013, e con un responsabile dei Caschi blu: “I soldati Onu devono essere neutrali nel conflitto e difendere la popolazione e lavorare per disarmare le milizie”, ha sostenuto mons. Schick, convinto che i responsabili delle violazioni debbano assumersene la responsabilità e che occorra sostenere la costruzione di uno stato funzionante nella Repubblica Centrafricana. A Douala, mons. Schick ha incontrato anche alcuni vescovi del Camerun.

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