Abusi: vescovi Australia, “no” alla proposta della Royal Commission di rompere il “sigillo sacramentale della confessione”

I vescovi australiani ribadiscono il loro impegno “assoluto” a combattere lo scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa e la piena collaborazione con le autorità ma dicono no, in nome della libertà di religione, alla “Raccomandazione” proposta dalla Royal Commission di non rispettare il “sigillo della confessione” (ovvero il segreto in confessionale) e di presentare denuncia alle autorità qualora un prete si trovi di fronte a un’ammissione di abuso durante la confessione.
“La Confessione nella Chiesa cattolica – scrive in un comunicato l’arcivescovo di Melbourne, Denis J Hart, presidente della Conferenza episcopale australiana – è un incontro spirituale con Dio attraverso il prete. È una parte fondamentale della libertà di religione ed è riconosciuta dalla Legge in Australia e in molti altri Paesi. Deve rimanere così anche qui nel nostro Paese. Al di fuori di essa, ogni offesa contro i bambini deve essere denunciata alle autorità. Siamo assolutamente impegnati a fare questo”.
La presa di posizione della Conferenza episcopale giunge in seguito alla presentazione da parte della Royal Commission – istituita in Australia per fare luce e rispondere in maniera istituzionale alla piaga degli abusi sessuali contro i bambini – di 85 Raccomandazioni volte a riformare il sistema penale australiano per favorire le vittime di abuso.
Nel Report presentato il 14 agosto, la Royal Commission scrive – alla Raccomandazione n. 35 – che non ci debbano essere “alcune scuse, protezione o privilegio” riguardo alla divulgazione di informazioni ricevute anche nel corso di una confessione religiosa. “Capiamo – scrive la Commissione – il significato della confessione religiosa, in particolare, l’inviolabilità del sigillo confessionale alle persone di alcune fedi, in particolare alla fede cattolica. Tuttavia, abbiamo la prova di un numero di casi in cui le rivelazioni di abusi sessuali su minori sono state fatte nella confessione religiosa, da parte sia delle vittime sia dei responsabili. Siamo consapevoli del fatto che la confessione è un luogo in cui i bambini cattolici svelano di aver subito abuso sessuale e in cui il clero ammette un comportamento abusivo per affrontare la propria colpa. Abbiamo anche la prova che i responsabili che hanno confessato di aver abusato sessualmente, hanno continuato a fare del male e hanno cercato poi di essere nuovamente perdonati”.
Riguardo poi alla libertà di religione, la Commissione scrive che “il diritto non è assoluto” e che la stessa Convenzione internazionale, all’articolo 18, afferma che la libertà di religione può essere soggetta a limitazioni previste dalla legge qualora siano necessarie per proteggere la libertà altrui, la pubblica sicurezza, l’ordine e la salute.
Non è la prima volta che in Australia si discute sull’inviolabilità del segreto in confessionale. La questione fu sollevata anche nel 2012, quando la Commissione Reale di inchiesta fu istituita. Ora la proposta è messa nero su bianco. Le Raccomandazioni sono il frutto di quattro anni d’inchiesta a vasto raggio che hanno fatto emergere circa 4.440 casi di pedofilia commessi, tra il 1980 e il 2010, nei quali 1.880 sacerdoti (il 7% dei preti australiani) risultano coinvolti. È la stessa inchiesta che ha chiamato da Roma anche il cardinale George Pell.

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