Mons. Romero: card. Chávez (ausiliare San Salvador), “seppe rispondere alla storia”. “Popolo chiede dono della pace”

“La Chiesa deve sempre dialogare con il mondo e ascoltare prima, per poter rispondere. È questo che caratterizzava mons. Romero come mons. Rivera: seppero rispondere nel loro momento alla storia”. Lo afferma il card. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, in un articolo pubblicato da “L’Osservatore Romano” che verrà inserito anche sul numero monografico speciale dell’edizione in spagnolo del quotidiano dedicato a Óscar Arnulfo Romero. “L’occasione – scrive Chávez – è propizia per affermare che siamo in debito con Rivera. Non è giusto che dimentichiamo la sua testimonianza e non soltanto per la sua instancabile lotta per portare il Paese alla pace, ma per essere il fedele continuatore dell’eredità di Romero”. “Un altro debito aperto – aggiunge – lo abbiamo nei confronti di mons. Luis Chávez y González. Egli fu l’architetto della Chiesa che stiamo vivendo. Annunciò che questa Chiesa si dichiarava ‘in stato di concilio’, vale a dire che assumeva in anticipo ciò che questa assemblea avrebbe dato alla Chiesa”. Per il cardinale, “Chávez, Romero e Rivera sono tre colonne sulle quali poggia la nostra Chiesa arcidiocesana”. Richiamando le parole che Papa Francesco disse ai giovani a Rio de Janeiro, il cardinale osserva che “oggi ci sono molti giovani impegnati con la Chiesa, con molto entusiasmo, con grande creatività. Però manca una cosa: non li stiamo preparando a cambiare la storia”. Per Chávez, “noi che siamo alla guida e abbiamo più esperienza in questa Chiesa” dobbiamo “preparare la generazione che viene a cambiare la storia che tanto ci sta facendo soffrire”. “Le celebrazioni di quest’anno – aggiunge – hanno avuto come tema il centenario della nascita di mons. Romero e la natura martiriale della nostra Chiesa”.
“Siamo una Chiesa di martiri”, rileva, riconoscendo che “ci risulta facile applicare questo qualificativo quando parliamo di Romero, dei sacerdoti assassinati e delle quattro donne statunitensi ai quali fu tolta la vita nel dicembre 1980”. “Tuttavia – prosegue il cardinale – abbiamo un debito che dobbiamo cominciare a saldare quanto prima: siamo obbligati per gratitudine a Dio e per amore della verità a riscattare la memoria di cento martiri anonimi, la maggior parte dei quali sono umili contadini e contadine”. In un Paese in cui “si continua a chiamare martiri coloro che impugnarono le armi e morirono seguendo un ideale” e “il termine continua a essere scomodo per buona parte della popolazione salvadoregna”, Chávez ribadisce che “per noi martire significa testimone”. Il cardinale ricorda poi che “migliaia di uomini e donne di ogni età e condizione sociale venerdì 11, sabato 12 e domenica 13 di questo mese” si metteranno in marcia per ricordare “per la prima volta nella nostra storia il cammino di Romero”. Secondo Chávez, “un popolo che si mette in cammino, con fede, in profonda preghiera, chiedendo l’intercessione del beato Romero per ottenere il dono tanto ambito della pace, è un popolo che non sarà vinto. È invincibile”.

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