Benedetto XV, “l’inutile strage”: equità, giustizia e la “forza del diritto”

Nella celebre lettera “ai capi dei popoli belligeranti” del 1° agosto 1917, Benedetto XV aveva avanzato una concreta proposta di mediazione nel tentativo non solo di fermare l’“inutile strage” della Grande Guerra, ma di indicare “le precipue basi” su cui “posare il futuro assetto dei popoli” e tali “da rendere impossibile il ripetersi di simili conflitti”.
“Il punto fondamentale – scriveva Benedetto XV – deve essere che sottentri alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto. Quindi un giusto accordo di tutti nella diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti secondo norme e garanzie da stabilire, nella misura necessaria e sufficiente al mantenimento dell’ordine pubblico nei singoli Stati; e, in sostituzione delle armi, l’istituto dell’arbitrato con la sua alta funzione pacificatrice, secondo e norme da concertare e la sanzione da convenire contro lo Stato che ricusasse o di sottoporre le questioni internazionali all’arbitro o di accettarne la decisione. Stabilito così l’impero del diritto, si tolga ogni ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli con la vera libertà e comunanza dei mari: il che, mentre eliminerebbe molteplici cause di conflitto, aprirebbe a tutti nuove fonti di prosperità e di progresso”.
“Quanto ai danni e spese di guerra – aggiungeva il Papa – non scorgiamo altro scampo che nella norma generale di una intera e reciproca condonazione, giustificata del resto dai benefici immensi del disarmo; tanto più che non si comprenderebbe la continuazione di tanta carneficina unicamente per ragioni di ordine economico. Che se in qualche caso vi si oppongano ragioni particolari, queste si ponderino con giustizia ed equità”. Equità e giustizia che secondo Benedetto XV dovevano guidare le decisioni su tutte le “questioni territoriali e politiche”, a cominciare dalla “reciproca restituzione” dei territori occupati.

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