Dialogo: card. Tauran ai vescovi dell’Africa centrale, migliorare i rapporti con le altre confessioni “per il bene delle popolazioni”

“Progredire nella ricerca di un dialogo sincero e fruttuoso a livello ecumenico, interreligioso e interculturale, per il bene delle popolazioni e delle Chiese” locali: è l’incoraggiamento rivolto dal cardinale Jean-Louis Tauran ai partecipanti all’undicesima assemblea plenaria dell’Associazione delle conferenze episcopali della regione dell’Africa centrale (Acerac), apertasi oggi a Yaoundé. Nella capitale del Camerun sono presenti vescovi di Ciad, Camerun, Repubblica Centrafricana, Guinea Equatoriale, Gabon e Repubblica del Congo”. Proprio il dialogo è il tema al centro dell’incontro. “L’Africa non è esente – secondo Tauran – dai problemi provocati a livello globale dalla crescita degli estremismi violenti”, fra cui “la setta Boko Haram, che continua a mietere vittime soprattutto in Ciad e nel Camerun settentrionale, dove vive una popolazione a stragrande maggioranza musulmana, che però non viene risparmiata dagli attacchi”. Secondo il porporato – riferisce l’Osservatore romano – “l’instabilità politica influisce anche a livello economico sulla vita delle comunità. In Gabon e nella Repubblica del Congo è urgente migliorare i rapporti tra i membri della Chiesa cattolica e le altre confessioni cristiane. Allo stesso modo, in tutti questi Paesi è necessario un dialogo con i seguaci della religione tradizionale africana”.
Il presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso afferma che “nella situazione difficile e complessa» dei Paesi dell’Africa centrale, spetta ai “cristiani la responsabilità di mantenere viva la speranza dei loro concittadini, aiutandoli nella ricerca di ragioni di vita autentiche e credibili, in modo da poter affrontare il futuro con fiducia”. Compito dei cristiani è, inoltre, “ricordare i valori fondamentali legati alla dignità di ogni persona umana e di annunciare instancabilmente la volontà di Dio, affinché tutti gli uomini costituiscano un’unica famiglia, riconoscendosi vicendevolmente come fratelli”.

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