Diocesi: mons. Pompili (Rieti), credere significa “difendere la vita innocente e farsi carico degli immigrati”

“Sant’Antonio non fu sempre accolto dai suoi contemporanei perché parlava chiaro e non… sul sesso degli angeli, ma sulle questioni spinose del suo tempo”. Lo ha ricordato ieri monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, nell’omelia della Messa celebrata a San Francesco per il giugno antoniano reatino. “Credere comporta avere uno sguardo che non fa sconti sia che si tratti di difendere la vita innocente di Charlie sia che si tratti di farsi carico degli immigrati”, ha detto il presule riferendosi al caso del bimbo inglese di 10 mesi colpito dalla sindrome da deperimento mitocondriale, che ha fatto il giro dei media di tutto il mondo e sul quale si è espresso anche il Papa tramite il portavoce vaticano. “Ciò che conta non è tanto la misura, ma la qualità dell’accoglienza che è disponibilità verso l’altro e non ricerca di rapporti protetti”, ha detto Pompili, secondo il quale “oggi si tende a barattare la libertà per la sicurezza, ma così finiamo per essere divisi e contrapposti. Occorre invece essere aperti all’altro, alle questioni nuove, ai problemi concreti senza rifugiarsi nel privato. Ciò è richiesto soprattutto per dare spazio ai giovani che sono penalizzati da una società che li giudica a distanza, senza coinvolgerli veramente”. “Sant’Antonio ci liberi dal falso amore di sé che conduce alla sterilità e ci proietti verso un amore responsabile che non teme di perdersi per ritrovarsi”, l’auspicio finale.

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