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Onu e migrazioni: p. Czerny (Santa Sede), “nessuno dovrebbe mai essere costretto a lasciare la propria casa”

(da New York) – L’intervento del gesuita Michael Czerny, sottosegretario del Dicastero dello sviluppo umano integrale per la sezione migranti e rifugiati, alla sessione tematica dell’Onu sul contributo dei migranti e della diaspora ad uno sviluppo sostenibile, è una difesa senza sconti del diritto delle persone a rimanere nei luoghi di origine. “Nessuno dovrebbe mai essere costretto a lasciare la propria casa per mancanza di sviluppo o di pace. Il diritto a rimanere aiuta a concentrare gli sforzi della comunità internazionale sul suo obbligo prioritario di garantire lo sviluppo sostenibile e integrale di tutte le persone nel loro luogo di origine per consentire loro di diventare agenti attivi del proprio sviluppo”, ha ribadito il religioso denunciando anche i costi sociali, economici e culturali che la migrazione può significare per un Paese quando i propri cittadini, “spesso i migliori” si sentono costretti a lasciare, piuttosto che a rimanere a causa della povertà e della mancanza di prospettive di sviluppo. Il rappresentante della Santa Sede ricorda la tragedia delle traversate del Mediterraneo e lo sfruttamento a cui sono soggetti migliaia di migranti. Invita poi a non considerarli “oggetti di cure urgenti ma soggetti dignitosi del proprio sviluppo in grado di utilizzare l’educazione, le abilità, le ambizioni, le esperienze e la saggezza culturale che hanno già, e quelle che potrebbero essere migliorate attraverso ulteriori istruzione e formazione”. Padre Czerny suggerisce un metodo per stemperare i malumori nei Paesi di accoglienza: mettere da parte “una percentuale dell’assistenza diretta fornita ai migranti e ai rifugiati per le infrastrutture locali e a beneficio delle famiglie e delle comunità che presentano svantaggi economici e sociali in modo da non lasciare indietro i poveri locali”. Infine Czerny fa appello alla reciprocità, un valore che consente ai “padroni di casa di aprirsi ai contributi positivi degli immigrati” e a questi ultimi di imparare il rispetto “di valori, tradizioni e leggi della comunità che li accompagna e li segue nella loro integrazione”.

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