Anziani: don Arice (Cei), “chi si sente voluto e amato non chiede mai di morire”

“Non possiamo pensare ad una pastorale delle persone anziane delegata ai ministri straordinari della Comunione che la portano a quei pochi che la chiedono. Per certi aspetti, bisognosi della nostra visita sono soprattutto quelli che la Comunione non la chiedono”. Per questo, la Chiesa deve essere in uscita anche “verso questa periferia esistenziale che spesso abita al centro delle nostre città”. Ne è convinto don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei. In un’intervista al Sir, il sacerdote riprende l’invito del Papa a “delineare una spiritualità delle persone anziane” e spiega: “Spiritualità non è solo progetto pastorale: è anche aiuto a dare un senso alle loro giornate attraverso la relazione interpersonale”. E se di fronte alla domanda di morte di un anziano “una pastorale organica integrata”, insieme “all’attenzione dei responsabili della cosa pubblica, è la vera prevenzione”, richiamando la propria esperienza di membro della Società dei sacerdoti del Cottolengo, Arice garantisce che “chi ha intorno a sé una comunità umana dalla quale si sente voluto, amato e aiutato non chiede mai di morire, anche in condizioni di salute estremamente compromesse”. Duplice il suo invito: “Lavorare non per leggi che garantiscano l’autodeterminazione e l’interruzione della vita, ma per la dignità del vivere”, e moltiplicare le “opere segno” come i nuovi ambulatori gratuiti per le persone indigenti nati ad opera di diversi istituti religiosi. “Che cosa hanno fatto i santi? Mentre altri teorizzavano, loro hanno cominciato ad agire. È questo – conclude – il modo con il quale possiamo rendere credibile la nostra proposta cristiana”.

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