Crollo Torre Annunziata: card. Sepe, “ferma condanna” nei confronti di chi “per egoismo” causa “la morte e la sofferenza degli altri”

“Con Marta, rispondiamo anche noi sì a Gesù, crediamo, dopo il calvario delle sofferenze, tanto dolore e tanta oscurità. Come credenti rinnoviamo il nostro atto di fede nel Signore”. Lo ha detto questa mattina il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, nei funerali in corso a Torre Annunziata, nella basilica della Neve, delle otto vittime del crollo della palazzina alla Rampa Nunziante. Il riferimento del porporato è alle parole di Marta, dinanzi al sepolcro di Lazzaro, quando  Gesù le chiese se credeva che era Lui la risurrezione e la vita e che chi crede in Lui anche se muore, vivrà e Marta rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”.
“Lasciate – ha proseguito l’arcivescovo – che esprima a voi congiunti e a tutta la città la mia ammirazione per la compostezza che vi hanno fatto conoscere, al di là di Torre Annunziata, delle diocesi, a tutta Italia e anche all’estero. Avete dato un esempio di dignità che annulla la faciloneria e i pregiudizi che descrivono le persone del napoletano, dimostrando di essere una comunità di fede”.
Davanti alle bare, ricordando in particolar modo i due bambini, Salvatore di 8 anni, e Francesca di 11, il card. Sepe ha chiesto: “Signore della vita perché hai permesso che queste vite fossero stroncate in maniera così drammatica?”. “Io – ha aggiunto il cardinale – sto con voi, in mezzo a voi, partecipo al vostro dolore, asciugo le vostre lacrime”. L’arcivescovo si è quindi scagliato contro “la mano dell’uomo che diventa  strumento di peccato e di morte, una mano assassina, che esprime solo prepotenza, superbia ed egoismo”. Sepe ha fatto riferimento anche al dramma degli incendi che stanno devastando la Campania e in particolare il Vesuvio: “Quando l’uomo si fa prendere la mano dall’egoismo può causare morte e sofferenza degli altri”. Il cardinale ha espresso “ferma condanna” nei confronti di questo atteggiamento che “prevarica sui diritti degli altri e della comunità nel suo insieme”. “Non vogliamo arrenderci al male o al fatto che altri, con il loro egoismo, entrino a condizionare la nostra esistenza. Noi vogliamo essere liberi, perché fieri della nostra civiltà, fieri della nostra religiosità. Questa è una speranza che deve invadere i nostri cuori e che nessuno al mondo potrà mai rapirci, speranza che si riflette anche nel vivere con quel segno della carità che è frutto della nostra fede”.

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