Francia: card. Vingt-Trois racconta la sua malattia. Invito all’accoglienza dei migranti e una riflessione sulla politica

“Ho modestamente condiviso la condizione dei malati, sperimentato la dipendenza. Ho verificato che la mia identità non si riduceva alle attività che potevo fare. Questa è una lezione di vita, perché molte persone tendono a giudicare il valore degli altri per ciò che fanno, per l’immagine che danno di se stessi, non per la loro stessa esistenza”. Lo ha detto il card. di Parigi, André Vingt-Trois, in una intervista rilasciata oggi all’Agence France Presse e pubblicata sul sito della diocesi. Il cardinale ancora convalescente è tornato a parlare dopo cinque mesi di silenzio e malattia (sindrome neurologica di Guillain-Barré) e il giornalista lo ha sollecitato sui temi che hanno segnato l’attualità di questo tempo, a partire dalle elezioni presidenziali. “Molto tempo mediatico è stato dedicato a opporre personaggi pubblici, molto poco ai contenuti” e anche dalla Chiesa si è cercata una “parola utilizzabile per infiammare le polemiche”; ma poiché la Chiesa francese ha fatto una riflessione sulle sfide è stata accusata di “non aver nulla da dire”. Ora ai governanti il compito di “incarnare un progetto collettivo” ed eviti con le sue decisioni si “sbriciolare il corpus sociale”. Rispondendo a una domanda sull’accoglienza dei migranti, il cardinale ha affermato: ciò che “chiaramente definisce l’identità cristiana non è l’adesione a valori, ma la messa in pratica delle convinzioni”. Esempio sono “parrocchie e associazioni a nord di Parigi che non hanno risorse illimitate ma si impegnano per l’accompagnamento e l’integrazione dei migranti”. È necessario “un obiettivo sufficientemente strutturante per convincere che l’accoglienza dei poveri costerà un po’ a tutti”.
Sul tema del terrorismo islamista il cardinale ha auspicato per un verso “che l’esercito riesca a sconfiggere” lo Stato islamico; tuttavia resterà il fatto che “la maggior parte dei terroristi sono nati nelle nostre società, troppo vuote di senso”. Combattere la radicalizzazione sarà come “trattare il sintomo, il che non significa curare la malattia”: occorre “suscitare una competizione positiva tra le speranze di cui è portatrice la nostra società”. Riferendosi all’avvicinarsi delle sue dimissioni per limiti di età, a novembre, e al futuro della Chiesa di Parigi, il cardinale ha detto: “La Chiesa a Parigi è viva e ha la capacità di crescere”, ma si trova a confrontarsi con la “società degli idoli”. La sfida sarà riuscire a “trasmettere alle nuove generazioni le convinzioni sull’importanza dell’esistenza, la relatività dell’economico rispetto allo spirituale e culturale, il valore dell’impegno, della solidarietà”.

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