Sbarchi: don Pangallo (Caritas Reggio Calabria), “finito il tempo dello scaricabarile, è l’ora di un ulteriore senso di responsabilità”

“E’ finito il tempo dello scaricabarile, è arrivata l’ora di un ulteriore senso di responsabilità”. Lo afferma, nell’editoriale di questa settimana de “L’Avvenire di Calabria” il direttore della Caritas diocesana di Reggio Calabria-Bova, don Antonino Pangallo. “Mentre l’Europa continua a discutere, a costruire muri reali e di chiusura – scrive il sacerdote -, il Mediterraneo continua a essere strada dolente per migliaia di poveri migranti in fuga. Le coste italiane, quelle del sud in particolare, brulicano di poveri disperati e il porto di Reggio è scenario di continui sbarchi”.  Di fronte a quella che definisce “non più un’emergenza ma una realtà costante”, secondo Pangallo alcuni Comuni sono stati “capaci di costruire percorsi di accoglienza e di inserimento che stanno rivitalizzando piccoli centri destinati allo spopolamento”, il capoluogo, invece, “vive un momento di crisi”. Sulla banchina del porto stazionano per giorni decine di minori non accompagnati, “vera e propria emergenza nell’emergenza”, denuncia don Pangallo: i servizi sociali comunali sono in “tilt dinanzi ai numeri di questa fragile presenza”. Da qui l’appello del direttore della Caritas reggina: “è finito il tempo dello scaricabarile, è arrivata l’ora di un ulteriore senso di responsabilità”. Per don Pangallo “al di là dell’immaginario collettivo, acuito a livello mediatico” i numeri delle persone sbarcate, “pur rilevanti, non sono così esorbitanti da non poter essere inseriti in percorsi di accoglienza, magari attraverso un maggiore coinvolgimento del Terzo Settore e di tutti i comuni della Città metropolitana”. La Chiesa di Reggio Calabria-Bova “rimane sempre in frontiera. La presenza degli operatori diocesani al porto sarà mantenuta non in sostituzione al lavoro serio di altri, ma per offrire il clima di umanità che il Vangelo ispira e suggerisce”, scrive il direttore Caritas evidenziando che da un anno la comunità ecclesiale sta accompagnando circa ottanta minori in piccole strutture di tipo familiare.

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