Agricoltura: Coldiretti, “con speculazione sul grano in pericolo oltre 300mila aziende”

“La speculazione sul grano mette in pericolo la vita di oltre 300mila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari è a rischio desertificazione”, come sono a rischio “gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione dello scoppio della “guerra del grano” con “migliaia di agricoltori alle banchine con trattori – si legge in una nota – per l’arrivo di un mega cargo con grano canadese al Porto di Bari proprio alla vigilia della raccolta di quello italiano con evidenti finalità speculative”. “L’Italia – sottolinea Coldiretti – è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 5,1 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,4 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia, Sicilia, Marche e Basilicata”. “Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia – accusa Coldiretti – con un crollo del 7,3% per un totale di 100mila ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che su ambiente, economia e lavoro delle aree interne del Paese”. La riduzione delle semine che varia dal -11,6 % nel Nord-Est al -5,4% nel Centro mentre nel Sud e Isole si registra un -7,4% che, secondo Coldiretti, “desta molta preoccupazione se si considera che la coltivazione è concentrata prevalentemente nel meridione”. “Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy mentre – precisa la Coldiretti – dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%”. “Con queste quotazioni non si può sopravvivere”, denuncia il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando che “c’è il rischio concreto di alimentare un circolo vizioso che, se adesso provoca la delocalizzazione degli acquisti del grano, domani toccherà gli impianti industriali di produzione della pasta con la perdita di un sistema produttivo che genera ricchezza, occupazione e salvaguardia ambientale”.

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