Filippine: mons. de la Peña (Marawi), “città è irriconoscibile, sembra di essere in Siria o in Iraq”

(Foto: Ms. Sittie Ainah U Balt)

“Siamo nel caos. I nostri fedeli ormai non sono più a Marawi perché sono stati fatti evacuare dall’esercito. Vi sono bombardamenti aerei e scontri. Non so come farà la gente a sopravvivere”. Così monsignor Edwin de la Peña, vescovo della prelatura apostolica di Marawi, nell’isola di Mindanao nelle Filippine, racconta la situazione nella città ancora in mano agli islamisti del Maute, affiliati all’Isis. Nelle dichiarazioni rilasciate ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, il pensiero del vescovo va innanzitutto al vicario generale, padre Teresito “Chito” Suganob, rapito assieme ad altri cristiani: “Molti degli ostaggi – afferma – si trovavano nella Cattedrale perché stavano aiutando nei preparativi per la festa di Maria Ausiliatrice dell’indomani. Non abbiamo loro notizie e soltanto qualche giorno fa sono riuscito a parlare con un comandante dei marines che mi ha promesso di fare tutto il possibile per trovarli e salvarli”. De la Peña parla dell’escalation di attacchi anticristiani verificatisi a Mindanao negli ultimi anni: “Un tempo la situazione era molto diversa e la nostra Chiesa promuoveva con ottimi risultati il dialogo interreligioso”. “Poi con il proliferare dell’estremismo tutto è stato distrutto”, prosegue, ricordando che “sono iniziati gli scontri, sono giunti estremisti islamici dal Medio Oriente e molti giovani si sono radicalizzati. Eppure la gente di Marawi è sempre stata pacifica”. Sulla situazione a Marawi, il vescovo evidenza che “non soltanto la Cattedrale, tutto è stato distrutto. La città è irriconoscibile. Quando guardiamo a queste immagini pensiamo immediatamente alla Siria o all’Iraq”. Dopo meno di 41 anni dall’erezione della prelatura, “dobbiamo ricostruire tutto da zero e iniziare nuovamente a stabilire una presenza cristiana in quest’area a netta maggioranza musulmana”, ammette de la Peña, “ma non possiamo voltare le spalle a quanto realizzato finora”. “Dobbiamo continuare a promuovere il dialogo e cercare di ricostruire le speranze e i sogni infranti di tanti, anche musulmani, che – conclude – al contrario degli islamisti desiderano la pace”.

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