Festival Economia: dibattito sui migranti. Curarli è un investimento e non un costo

Sull’assistenza sanitaria ai migranti l’Italia ha ancora molta strada da fare: mancano servizi, mediatori interculturali e linguistici, la politica non interviene e, se può, preferisce non decidere per paura di perdere consensi di fronte all’ondata populista. E così facendo, favorisce la crescita dei pregiudizi sugli immigrati, perde l’occasione di integrarli e di farli sentire parte di una comunità, evitando costi maggiori a lungo termine. Un’analisi critica sul rapporto tra migranti e salute in Italia, è emersa durante il 12esimo Festival dell’Economia organizzato a Trento (fino al 4 giugno) dalla Provincia autonoma di Trento, dedicato quest’anno alla “Salute disuguale”. “Non curare adeguatamente chi arriva nel nostro Paese fuggendo da guerre, cambiamenti climatici e miseria, è, oltre che un tradimento dei principi della nostra Costituzione, un pessimo investimento”, ha spiegato ieri Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere. “Infatti si pensa di risparmiare ma in realtà si rinvia il costo a quando patologie di facile cura peggiorano, richiedendo in un secondo momento interventi ben più complessi e più ingenti”. Tra l’altro, chi è sul campo, testimonia quanto sia falsa la credenza popolare secondo cui i migranti arrivano malati: “In realtà – ha proseguito De Filippi – sono generalmente giovani e senza patologie infettive. L’unica recrudescenza che stiamo notando in Italia è quella del morbillo ma non è dovuto ai migranti ma agli italiani stessi che non vaccinano più i figli. Io registro invece che spesso i migranti, essendo giovani, sono sani”.
In tal senso sono stati presentati alcuni dati a cura di Emilio Alari, medico di Emergency che ha raccontato i risultati del Programma Italia: “La nostra iniziativa, al 31 dicembre scorso, ha permesso di curare 79.576 pazienti nei nostri ambulatori fissi e mobili, erogando circa 288mila prestazioni. Appena il 10% ha richiesto la prescrizione di visite specialistiche (soprattutto dentarie) e i numeri di invii al pronto soccorso, ricoveri e chiamate al 118 non arrivano, tutti insieme, all’1%. Questo dimostra che una buona medicina di base, unita a programmi di educazione sanitaria per chi arriva in Italia e a un ruolo adeguato per i mediatori culturali può agevolare la salute dei pazienti e fare da filtro per limitare al massimo consulenze di secondo livello ed esami specialistici”.

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