Pastorale migratoria: padre Bentoglio (Brescia), “la parrocchia coltivi il dialogo interculturale”

La parrocchia, “sebbene continui ad essere la forma di prassi pastorale più diffusa, non può rimanere insensibile ai mutamenti che sono sotto gli occhi di tutti. Nelle nostre società multiculturali, multietniche e multireligiose, essa può rinnovarsi coltivando varie forme di dialogo interculturale, superando la tendenza a ignorare o ad esasperare le diversità”. Lo ha sostenuto padre Gabriele Bentoglio, direttore dell’Ufficio Migrantes di Brescia, durante il corso di “Linee di pastorale migratoria” in corso a Roma e promosso dalla Fondazione Migrantes. Da qui la necessità di “esplorare la possibilità di erigere parrocchie interculturali, che dovrebbero essere sempre più la norma nella prassi delle Chiese locali, con il passaggio da una molteplicità di missioni mono etniche (sia di migranti sia di autoctoni) ad una concezione intercomunitaria della pastorale”. Le tradizionali strutture pastorali “non possono ignorare che oggi viviamo in una società plurireligiosa: la sollecitudine verso quelli che chiamiamo i ‘lontani’ (gli atei, gli agnostici e i non praticanti) e verso i migranti non cattolici rappresenta una sfida che esige un incontro complesso e globale, che per essere fecondo deve passare attraverso il dialogo del quotidiano, il dialogo della solidarietà e il dialogo del reciproco scambio. Le precarietà, alle quali le migrazioni odierne sono sottoposte, sollecitano una presenza nei contesti di frontiera, nel senso sia geografico sia culturale e sociale: vale a dire che l’attenzione specifica e costante del missionario con i migranti, che è e rimane un missionario di frontiera, dovrebbe saper cogliere le situazioni di frontiera, nelle quali la missione va alla periferia per riportare al centro ciò che è marginale”. Per questo, ha concluso, “è importante prestare un’attenzione speciale alle categorie più sfruttate, emarginate e vulnerabili, come i migranti irregolari, le donne, i minori, le vittime della tratta e del traffico, i rifugiati e gli sfollati”.

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