Dialogo cattolici-ebrei: delegazione Cei a mostra sulla “Menorà”. Mons. Galantino, “l’incontro con l’altro non può che far bene e far crescere”

“L’incontro per essere autentico è sempre un incontro con l’altro. In quelli che sono poveri intellettualmente provoca paura. In chi è culturalmente e spiritualmente attrezzato l’incontro non può che far bene e far crescere”. Lo ha detto il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, al termine della visita, questa mattina, che una delegazione della Cei ha fatto alla mostra su “La Menorà: culto, storia e mito”. L’esposizione si svolge in contemporanea a Roma presso il Braccio di Carlo Magno in Vaticano e il Museo ebraico di Roma e può essere visitata fino al 23 luglio con un biglietto unico. È frutto di tre anni di lavoro condotto in stretta collaborazione fra lo Stato della Città del Vaticano e la Comunità ebraica di Roma. Si possono vedere circa 130 opere che raccontano in un percorso ricco e costellato di capolavori d’arte provenienti da tutto il mondo, la storia plurimillenaria, incredibile e sofferta, della “Menorà”, il candelabro a sette braccia che rappresenta il simbolo per eccellenza della spiritualità ebraica. Ad accogliere questa mattina la delegazione della Cei e a condurla lungo tutto il percorso della mostra sono stati esponenti del mondo ebraico, tra cui Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, e Rav. Amedeo Spagnoletto, uno dei rabbini di Roma. “Curiosità, attenzione e devozione”: con questi tre stati d’animo – ha detto Galantino – la delegazione della Cei è entrata questa mattina nei luoghi della mostra. Curiosità – ha spiegato – “vuol dire riconoscere di non conoscere e avere voglia di riempire questo vuoto. Attenzione perché evidentemente non basta riempire la propria ignoranza, bisogna anche farlo con la testa e il cuore. E con il cuore essere disposti a far entrare questo messaggio nella propria storia, nella propria vita, nelle proprie relazioni”.

A margine della visita, mons. Galantino ha poi spiegato al Sir che la presenza della Cei è “nel segno della continuità” di un rapporto costruito nel tempo anche grazie ai Papi e questa continuità “significa riconoscimento e riconoscenza delle radici ebraiche nell’esperienza cristiana e nella Chiesa cattolica”. E “di fronte ad un mondo che cerca di marginalizzare l’esperienza religiosa, noi siamo qui a dire e a riconoscere che queste radici sono importanti per questo albero della vita che è l’Italia”. Emerge sempre più chiaramente – ha osservato il segretario generale della Cei – l’importanza del “ritrovarci insieme” in un momento in cui la società oggi è attraversata dalla minaccia di una polarizzazione sempre più accentuata. E per vincerla occorre “informazione e formazione” perché “molto spesso chi polarizza, chi demonizza, è vittima prima di tutto della semplificazione. Chi polarizza anche rispetto agli immigrati o ai profughi, prima di tutto fa cattiva informazione e sulla cattiva informazione cerca di guadagnare attraverso la violenza verbale”. Da qui l’importanza dell’incontro con l’altro che questa mostra permette, in questo caso, con il mondo ebraico.

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