Brasile: i vescovi difendono il Consiglio missionario indigeno (Cimi) dalle accuse del Parlamento

Per la Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), le accuse ricevute dal Consiglio missionario indigeno (Cimi), organismo sorto in seno alla stessa Chiesa brasiliana, sono infondate e ingiuste.
In un comunicato, firmato dal presidente, card. Sergio da Rocha, arcivescovo di Brasilia, la Cnbb ha espresso ieri “pieno sostegno e solidarietà” alla Cimi, per le accuse della Commissione parlamentare d’inchiesta denominata “Cpi – Funai e Incra”, che ha rinviato a giudizio più di un centinaio di persone, tra cui leader indigeni, antropologi, magistrati e alcuni dirigenti della stessa Cimi.
Si legge nella nota: “Creato 45 anni fa, il Cimi si ispira ai principi del Vangelo. L’atto d’accusa ai missionari del Cimi è un evidente tentativo di intimidire questa istituzione così importante per gli indiani, e confondere l’opinione pubblica sui diritti dei popoli indigeni”.
Nel testo, approvato dal Consiglio permanente, i vescovi sottolineano l’aumento della violenza in campagna nel periodo di funzionamento della Commissione Cpi: “Secondo la Commissione pastorale della terra (Cpt) nel 2016 sono stati registrati 61 omicidi nei conflitti nelle campagne, con un aumento del 22% rispetto al 2015. Le atrocità di Colniza (Mato Grosso) e Pau D’Arco (Pará) hanno portato a 40 il numero di omicidi nel Paese, solo nella prima metà del 2017”.
Secondo i vescovi, inoltre, va tenuto presente che “le prese di posizione della Cpi rientrano nel medesimo contesto di riforme proposte dal Governo, in particolare quelle del lavoro e della previdenza sociale, che favoriscono le logiche del capitale rispetto ai progressi sociali. Tali modifiche sono il frutto di un percorso di esclusione sociale e di mancanza di rispetto per i diritti conquistati con molta lotta da parte dei lavoratori”.

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