“Padre Giuseppe Ambrosoli ha vissuto la sua santità ogni giorno con normalità”. Lo ha detto Giovanna Ambrosoli, nipote del missionario in Uganda, presidente della Fondazione Dr. Ambrosoli e autrice con la giornalista Elisabetta Soglio del libro “Chiamatemi Giuseppe. Padre Ambrosoli, medico e missionario” (Edizioni San Paolo), presentato questo pomeriggio a Roma, al Palazzo del Vicariato Maffei Marescotti. A introdurre l’incontro, mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Subito dopo l’intervento della nipote del missionario di cui è in corso l’iter per la beatificazione: “Da adulta ho avuto modo di riscoprire la sua figura in base alle storie di chi ha lavorato con lui in Uganda e in Italia – ha raccontato Ambrosoli -. Da qui è nato il desiderio di scrivere della sua storia. Nei 32 anni in quel Paese africano padre Giuseppe si è trovato a vivere in condizioni di povertà e violenza ma è riuscito a resistere, costruendo un’opera oggi essenziale per il nord Uganda. Ha lasciato un ospedale e una scuola di formazione, un’eredità che cerchiamo di portare avanti perché opera fondamentale per la popolazione locale”. Le ha fatto eco la coautrice del libro, Elisabetta Soglio: “La forza della mitezza di padre Giuseppe mi ha affascinato e mi ha permesso di collaborare al racconto della sua storia in questo libro. La fondazione a lui dedicata è un segno di forza e continuità, il suo spirito è rimasto a collegare l’Italia con l’Uganda”.