Terremoto: mons. Pompili (Rieti), “ricostruzione si inceppa perché ragioniamo al presente invece di guardare alla prossima generazione”

Mons. Pompili

Un modo per fare memoria delle vittime del terremoto. Un’occasione per ribadire la vicinanza della Chiesa alle famiglie, private da un momento all’altro delle relazioni più importanti. Questo il senso della messa celebrata ieri sera nella chiesa di San Francesco dal vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili. Un momento liturgico, riferisce il sito diocesano www.frontierarieti.com, compreso nel calendario del Giugno antoniano che è stato un invito alla speranza, un incoraggiamento alla ricostruzione, un portare lo sguardo verso il futuro. Perché è vero, come ha detto mons Pompili, “che la vita umana è fragile, ma non per questo bisogna cedere allo scoramento, alla rassegnazione, al tentativo di volgere lo sguardo altrove”. Il vescovo di Rieti ha guardato alle tante storie di vita di singoli e di tante famiglie colpite dal sisma: una conoscenza iniziata con una presenza diretta sui luoghi del disastro già nelle ore immediatamente successive alle prime scosse 24 agosto, e mai venuta meno. “Solo chi sta dentro a questi eventi sa quello che sta vivendo”, ha ammesso mons. Pompili, cogliendo però un punto decisivo: nonostante il dolore, i più non si sentono schiacciati, disperati, abbandonati”. Una resistenza che colpisce, la cui radice “non viene solo dall’istinto di sopravvivenza, ma dalla fede: chi ha risuscitato Gesù risusciterà anche noi con Gesù”. Perché in fondo, questa è l’essenza della fede: “credere che il disordine tornerà in ordine, che le situazione tragiche ritroveranno una ricomposizione, un senso”. Il credente non si arrende di fronte alla vita che sembra colpire a caso, e “questa resistenza non è tanto una affermazione, ma un qualcosa che va autenticato nel quotidiano, evitando sia la rassegnazione, sia l’evasione”. Il cammino di ricostruzione, ha ribadito il vescovo di Rieti, “deve essere realizzato non a partire da noi, ma a partire dai figli, a partire da quelli che verranno. Perché è vero: forse quelli più avanti in età non vedranno la ricostruzione, ma questo, che ci colpisce in modo negativo, ci dice pure che le cose da fare devono avere come obiettivo i figli, devono dare spazio al futuro. La ricostruzione, invece, fatalmente si inceppa quando invece di pensare ai figli che verranno pensiamo ancora una volta al presente, a noi stessi. Che poi vale sempre: la nostra società si inceppa quando invece di provvedere ai figli che verranno pensiamo ai soli problemi di noi che siamo qui”.

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