Sale della comunità: don Bianchi (Acec), “costruire legami”. “Fare sistema. Obiettivo è almeno una sala in ogni diocesi”

Il “pubblico” delle sale della comunità cerca anzitutto una “piazza”, un incontro. “Molto del nostro lavoro, che peraltro richiede preparazione spirituale e competenza professionale, si gioca intorno al clima di accoglienza e disponibilità che sappiamo creare: è questo a fare la differenza”. Ne è convinto don Adriano Bianchi, presidente Acec (Associazione cattolica esercenti cinema), che abbiamo contattato a conclusione della quinta edizione de “I Teatri del sacro” e delle “Giornate nazionali delle sale della comunità” che si sono chiusi ieri (11 giugno) ad Ascoli Piceno. “Prima della sala – assicura – viene la comunità: vogliamo anzitutto costruire legami”. Il presidente Acec non si nasconde l’esistenza di un gap gestionale da colmare, ma sottolinea che oltre il 76% delle circa 850 sale presenti sul territorio nazionale è economicamente autosufficiente. Occorre tuttavia “creare una rete sul territorio” e fare sistema per essere “più produttivi e più presenti nel mercato cinematografico e nel panorama culturale”. “A livello ecclesiale occorre integrarsi con gli altri strumenti di comunicazione, giornale e radio diocesani, per creare un sistema integrato e più performante”. Le sale sono concentrate soprattutto al nord con una discreta presenza al centro e numeri minimali al sud. Per don Bianchi “non esiste un modello predefinito, tuttavia al sud ci potrebbe essere un’opera di recupero legata a un protagonismo diverso delle parrocchie”. Grazie al piano di 120 milioni in cinque anni per riattivare le sale chiuse e aprirne di nuove, previsto dalla legge Franceschini, “riuscire ad avere almeno una sala della comunità in ogni diocesi – conclude don Bianchi – potrebbe essere un obiettivo facilmente realizzabile nei prossimi anni”.

 

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