Migrante morto a Milano: don Colmegna (Casa della carità), “grido di sofferenza dalle nostre città. Servono politiche sociali efficaci”

“Bisogna aprire uno spazio di riflessione al più presto: la morte del giovane migrante a cui abbiamo assistito ieri fa vedere il grido di sofferenza che arriva nelle nostre città. Siamo di fronte a un’emergenza silenziosa che va affrontata con coraggio, senza slogan o dichiarazioni dettate dalla convenienza elettorale”. Non usa giri di parole don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità, per tornare sull’episodio di ieri che ha visto protagonista un giovane migrante che si è tolto la vita in pieno giorno nei pressi della Stazione Centrale di Milano. L’uomo, un 31enne proveniente dal Mali, si è suicidato appendendosi con un cappio a un pilone accanto ai binari della ferrovia, in via Ferrante Aporti. “L’episodio di ieri mette in luce tutta la sofferenza diffusa di queste persone che si sentono anonime e abbandonate dal mondo – spiega al Sir don Colmegna –. Abbiamo bisogno di politiche sociali efficaci, non si può ridurre il tutto all’intervento dei militari per ripristinare l’ordine pubblico. La prima cosa da fare è abbandonare le strumentalizzazioni e le grida che provengono da una certa parte della politica. Perché in questo modo non solo si ingigantisce il problema, ma si riduce lo spazio del dialogo su questi temi. Serve, allora, maggiore impegno da parte delle istituzioni, sia a livello sociale che culturale”. Secondo il presidente della Casa della carità, è compito della politica “dare uno sguardo diverso su questo fenomeno”, evitando di spargere falsi stereotipi come quello che “i migranti sono tutti clandestini o sono tutti potenziali terroristi”.

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