Nuova carta operatori sanitari: don Arice (Cei), “ricercare il bene del paziente concretamente possibile nella situazione in cui si trova”

“C’è una questione antropologica, in questo cambiamento d’epoca. A partire dal concetto di uomo che noi abbiamo, esprimiamo un punto di vista diverso sul tema della cura e anche dell’allocazione delle risorse”.  Lo ha affermato stamattina don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, intervenendo a Torino, alla giornata di studio sulla nuova carta degli operatori sanitari, promossa dall’Associazione medici cattolici italiani e Centro di formazione Cottolengo. “Oggi – ha proseguito – stiamo andando verso la ‘bionica’, il tentativo di ricreare il corpo umano, superando l’etica, con un essere umano 2.0. Siamo al trans-umanesimo, con la perdita di senso”. Tutto questo, ha riflettuto don Arice, “ha una ripercussione sulla medicina: si sposta la questione del senso del valore alla tecnica, si rimuovono gli aspetti dolorosi dell’esistenza, si è creata la medicina dei desideri, che sta scavalcando quella dei bisogni, pur avendo poche risorse per il settore sanitario”. Per don Arice, “la crisi antropologica ha come conseguenza quella che Papa Francesco chiama la cultura dello scarto”.

“Una medicina attenta al malato deve essere attenta anche all’operatore sanitario – ha osservato il direttore dell’Ufficio Cei -: è lui, infatti, la prima forma di terapia per il paziente. La nuova Carta degli operatori sanitari, tenendo conto del contesto attuale, pur mantenendo l’impostazione della precedente, presenta delle novità interessanti per quanto riguarda il linguaggio, più comprensibile e più pastorale, e per i temi trattati, come la diagnosi preimpianto, il congelamento di embrioni e ovociti, l’obiezione di coscienza, che oggi tocca molti più aspetti della vita, la sanità sostenibile, le malattie rare e neglette, il prelievo degli organi, diritto alla salute e politiche sanitarie”. “La Carta ricorda che per arrivare davvero a essere fedeli alla vocazione di operatore sanitario, che è anche una missione, dobbiamo perseguire la fedeltà alla legge morale, la preparazione e la formazione continua, una visione integrale della persona malata e una coscienza formata degli operatori sanitari. Solo così – ha concluso don Arice – possiamo perseguire una salute integrale del paziente, che significa la ricerca del suo bene concretamente possibile nella situazione nella quale si trova”.

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