Pastorale: card. Bagnasco, “la Chiesa italiana ha una storia di assoluta prossimità alla gente”

foto SIR/Marco Calvarese

“Fin da subito Papa Francesco ha insistito con forza, vigore e convinzione che la Chiesa deve essere vicina alla gente”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha riassunto ieri sera, incontrando i giornalisti, “l’impronta” del pontificato di Francesco, caratterizzato dalla “spinta a una sempre maggiore vicinanza della Chiesa, dei pastori, alla gente, a noi”. “Questa nota dominante del variegato magistero e della pastorale del Santo Padre – ha sottolineato Bagnasco – la troviamo in particolarissima sintonia e ci conferma nella nostra storia”. “Potremo avere tutti i difetti di questo mondo, ma la Chiesa italiana ha una storia di assoluta prossimità alla gente”, ha affermato il cardinale: “Basta vedere le circa 26mila parrocchie della nostra Italia, le 225 diocesi, e tutti i sacerdoti che in un modo o nell’altro vivono accanto alla gente”. “Questa indicazione che ha fortemente ripetuto il Santo Padre – vicinanza, accoglienza, incontro, condivisone – fa parte della nostra storia, che non dobbiamo perdere o dimenticare. E la gente la riconosce, con i nostri limiti e i nostri peccati”. “Con le mie prolusioni su questo tema mi sono fermato quasi sempre”, ha ricordato Bagnasco: “Spessissimo ho detto, parlando del Paese, che quello che i vescovi dicono non è letto sui libri, ma nel cuore della vita della gente. E i vescovi, in quanto pastori, lo condividono e vogliono mettere a servizio della società, della politica, in tutte le sue manifestazioni, questo tesoro, perché il contatto col territorio la Chiesa italiana ce l’ha, e nessuno lo può negare. E quando diciamo una parola sulla vita della gente, sui suoi bisogni, le sue speranze o difficoltà, lo facciamo non per partito preso, per ideologia o perché leggiamo l’ultimo sondaggio, ma perché viviamo sul territorio”. “È questa l’impronta, il sigillo che abbiamo avvertito immediatamente da Papa Francesco, presumo per la sua esperienza in Argentina, e che ci ha molto confortato e confermato”, ha concluso il cardinale.

Non è mancata una domanda sulla rinuncia di Benedetto XVI e il passaggio di pontificato. “Io ero occasionalmente presente a quel Concistoro”, ha ricordato Bagnasco: “Di solito non ci sono, perché sono fuori Roma, ma in quell’occasione ero a Roma e quindi avevo il dovere di partecipare. Nessuno di noi sapeva niente, tanto che tutti noi cardinali presenti abbiamo pensato di non aver capito il motivo. La sua rinuncia l’aveva proclamata in latino. Tutti abbiamo avuto questo pensiero: non ho capito. Invece poi abbiamo capito”. “Con i confratelli abbiamo vissuto un momento, certo, di sconcerto, da una parte, ma anche di fede, perché il grande condottiero e la roccia fondativa sappiamo chi è: è Gesù Cristo, e quindi siamo tutti a servizio. Ognuno di noi porta qualcosa, fa il suo pezzetto di strada, porta ciò che ha e ciò che è e poi passa il testimone: questa è la vita, non solo di fede”. Poi l’elezione di Francesco, che “ha suscitato in tutti i cuori simpatie immediate, speranza, fiducia”. “Ci siamo presto abituati a quello che è lo stile e l’umanità pastorale del Santo Padre – ha detto il cardinale – perché ogni Papa serve il ministero petrino che Gesù ha voluto lasciare nella sua Chiesa. Ogni Papa della storia ha portato se stesso e servito questo ministero con la sua umanità, la sua fede, la sua storia. Siamo presto entrati in questa umanità pastorale del Santo Padre Francesco, che ci ha dato e continua a darci innumerevoli stimoli”.

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