Rogo camper rom: mons. Lojudice (Roma), “mettiamoci in gioco perché nessun bambino soffra o muoia in modo così atroce”

Un pensiero ai piccoli orfani o abbandonati a causa della miseria e della disgregazione familiare, ai fanciulli vittime innocenti dell’Aids o della guerra e dei tanti conflitti armati in atto in diverse parti del mondo, all’infanzia che muore a causa della miseria, della siccità e della fame. Lo ha rivolto stasera, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, mons. Paolo Lojudice, vescovo delegato Migrantes del Lazio e membro della Commissione Cei per le migrazioni, nell’omelia della veglia di preghiera per le tre vittime del rogo di Centocelle a Roma, nel quale ieri hanno perso la vita tre ragazze rom. “La Chiesa non dimentica questi suoi figli più piccoli”, ha sottolineato il presule che è anche ausiliare di Roma, citando una frase di papa Benedetto. Quante “stragi di innocenti”: “Davanti alla tragedia della perdita dei figli, una madre non può accettare parole o gesti di consolazione, che sono sempre inadeguati, mai capaci di lenire il dolore di una ferita che non può e non vuole essere rimarginata. Un dolore proporzionale all’amore. Ogni madre sa tutto questo; e sono tante, anche oggi, le madri che piangono, che non si rassegnano alla perdita di un figlio, inconsolabili davanti a una morte impossibile da accettare”. Oggi, “nel nostro occidente, nella nostra Italia, nella nostra grande e splendida città di Roma un bambino non può vivere in mezzo alla strada, non può essere rosicchiato dai topi mentre dorme in una baracca, non può essere arso vivo per nessun motivo al mondo… Uccidere anche un solo bambino è uccidere la società, il futuro, noi stessi”. In questo momento “tutti pensiamo alle responsabilità di questa tristissima vicenda e ovviamente a quella di chi ha commesso il fatto”, ma “sarebbe facile scaricarci le coscienze pensando al colpevole, ad ‘un’colpevole: ma il colpevole è uno solo? Ne siamo convinti? E le nostre responsabilità dove sono? Quali sono? Sia quella della società civile, dell’amministrazione pubblica che non ha vigilato a sufficienza … sia quella della comunità cristiana troppo presa da altri problemi…troppo discriminante…”.
Dopo aver lodato iniziative come i centri diurni, le scuole della pace, i doposcuola parrocchiali per offrire ai bambini rom “una attenzione che non è solo di circostanza ma è profonda, significativa e, a volte, salvifica”, mons. Lojudice ha puntato il dito contro “accuse postume” e “lacrime di coccodrillo”. “L’unica cosa che serve – ha avvertito – è unire le nostre forze, quelle sane, quelle solide presenti nelle nostre comunità”. E allora, “basta con i conflitti ideologici, pregiudiziali nella società e anche nella Chiesa: mettiamoci in gioco perché nessun bambino soffra, subisca violenza o addirittura muoia di morte violenta, in una maniera così atroce e così devastante, come è accaduto l’altra notte a Francesca, Angelica ed Elisabeth”.

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