Fine vita: Centro studi Livatino, legge sulle Dat “individua il medico come soggetto da cui difendersi”

Il progetto di legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) implica “gravi ricadute sull’esercizio della professione medica”. È la posizione del Centro studi Livatino – formato da magistrati, docenti universitari, avvocati e notai – che in un documento individua in 10 punti gli “stravolgimenti dell’attività sanitaria”. Il primo ad essere segnalato è “l’introduzione del principio della disponibilità della vita umana contro quello, scritto in Costituzione e derivante da secoli di civiltà giuridica, della sua indisponibilità”. Poi “l’individuazione del medico come soggetto pericoloso, in quanto potenzialmente lesivo della libertà del malato” e perciò “soggetto da cui difendersi”. Si verificherà poi “la sostituzione del consenso informato al principio di beneficialità” e “la necessità per il medico del costante affiancamento dell’avvocato, a fronte di norme la cui applicazione farà crescere a dismisura il contenzioso”. Secondo il Centro studi, si andrà verso “la trasformazione del medico da professionista che punta alla salute del paziente in un soggetto ossessionato da dettagliata informazione del malato, verifica della comprensione di costui, modalità di esplicitazione del consenso”. Altri punti sono “l’imposizione al medico di commettere reati e/o illeciti civili” e “il rischio per il medico di denuncia penale e/o di azione civile di danno, soprattutto nei casi in cui le Dat sono redatte in epoca remota e nuove terapie aggrediscono con successo patologie in passato non guaribili”. Infine, “ogni medico e ogni struttura sanitaria diventano potenziali esecutori di eutanasia” per di più “senza che sia riconosciuta l’obiezione di coscienza e con estensione anche alle strutture sanitarie non statali”. Di fatto, conclude il Centro Livatino, “il codice deontologico del medico diventa inutile”.

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