Ong e salvataggi in mare: p. Ripamonti (Astalli), l’Europa stabilisca “vie legali d’accesso contro i viaggi della morte”

“Il solo soccorso in mare non può essere la soluzione” e “non sarebbe così necessario” se “l’Europa stabilisse vie legali d’accesso, decidendo di gestire in maniera progettuale l’arrivo dei migranti e soprattutto non lasciando morire le persone in mare come di fatto sta facendo ormai da anni”. È questo il parere di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, che commenta al Sir i dubbi e le polemiche sull’operato in mare delle navi delle Ong che salvano i migranti. “In questi primi mesi dell’anno fonti ufficiali registrano un aumento del numero di migranti che tentano la traversata del Mediterraneo rispetto allo stesso periodo del 2016 – ricorda padre Ripamonti -. Fino a questo momento gli accordi stipulati con le autorità libiche, con la finalità di contenere le migrazioni e contrastare il traffico, non si sono rivelati efficaci”. Si tratta, quindi, di “un sostanziale nulla di fatto: le persone continuano a morire in mare, le traversate divengono sempre più pericolose e l’Europa continua a non affrontare in modo serio il fenomeno che non cesserà finché non si giungerà a un’alternativa seria ai viaggi della morte”.

Per il Centro Astalli è quanto mai urgente “che i governi nazionali e sovranazionali: attivino canali umanitari sicuri per chi fugge da guerre e persecuzioni e istituisca programmi di resettlement e relocation seri e con numeri adeguati fin da subito”. “Il solo soccorso in mare non è mai stato e non può essere la soluzione al dramma dei migranti, tra cui moltissimi minorenni – sottolinea -. L’Italia prima con l’operazione Mare Nostrum voluta dal governo italiano nel 2013, oggi con il soccorso da parte di navi di Ong storicamente al fianco dei migranti e delle vittime dei conflitti, è da sempre in prima linea nel salvataggio di vite umane. Azione fondamentale che ci fa onore, ma che non sarebbe così necessaria se l’Europa stabilisse vie legali d’accesso, decidendo di gestire in maniera progettuale l’arrivo dei migranti e soprattutto non lasciando morire le persone in mare come di fatto sta facendo ormai da anni”. “Lasciarli morire nei Paesi di origine, in Libia o in mare non fa alcuna differenza – osserva padre Ripamonti -. L’Europa ha la responsabilità di evitare che muoiano innocenti e deve farlo prevenendo il traffico di esseri umani, attivando vie legali d‘accesso al continente e lavorando per la promozione di tavoli diplomatici che pongano fine alle principali crisi umanitarie in atto”.

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