Rom e sinti: card. Turkson a Ccit, “attraverso la musica le varie etnie gitane svelano il desiderio di amare e di essere amati”

“Cari amici, voi che accompagnate le varie etnie gitane nel loro percorso verso la partecipazione legittima e doverosa nei diritti e nei doveri della società e della Chiesa, siate come una madre con cuore aperto, siate una Chiesa ‘in uscita’ che giunge le periferie umane”. Lo ha scritto, in un messaggio, il card. Peter K. A. Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ai partecipanti all’incontro annuale del Comité  Catholique International pour les Tsiganes (Ccit) in corso – fino a domani – a Guadarrama, in Spagna sul tema “La musica nella vita, tra festa e legame sociale”. Un tema – ha osservato il porporato – che invita “a una riflessione sul ruolo che la  musica ricopre nel processo d’integrazione del popolo gitano”. “Attraverso la musica le varie etnie gitane raccontano momenti importanti della loro vita, narrano la bellezza della natura e, soprattutto, svelano il desiderio di amare e di essere amati”, ha sottolineato ricordando Papa Benedetto XVI che, ricevendo i rom in udienza privata l’11 giugno 2011, disse che i rom hanno “creato una cultura dalle espressioni significative, come la musica e il canto, che hanno arricchito l’Europa”.
La musica gitana è penetrata – infatti – nel folklore dei popoli ospitali, contribuendo allo sviluppo di gruppi strumentali e di alcune forme musicali come il flamenco spagnolo: “Musica, canti, danze e costumi gitani hanno marcato le feste popolari di tutti i tempi”, ha evidenziato il card. Turkson, secondo il quale è “necessario sfruttare tutte le possibilità della musica gitana per potenziare il protagonismo del popolo rom nella sua promozione umana, sociale, culturale e religiosa, ma soprattutto nello sviluppo integrale di ogni membro della comunità gitana, cominciando dai bambini e dai giovani, fino agli adulti. Finché subirà discriminazione e oppressione, fino a quando non avrà accesso ai fondamentali servizi sociali, finché sarà calpestata la dignità anche soltanto di uno di loro, non si potrà parlare di sviluppo integrale. Tutto questo esige anche un serio impegno del popolo gitano, la volontà di avvicinare le nuove generazioni all’istruzione e all’educazione professionale”. E la musica è “uno dei mezzi di educazione che favorisce creazione di una convivenza pacifica e solidale. Se a volte le popolazioni rom sono emarginate e rigettate dalla società, al contrario la loro arte di far festa è molto apprezzata; anche se molti di loro vivono il dramma di accoglienza negata e di rigetto, la loro musica e la loro arte sono dei fattori che diminuiscono tensioni sociali”.

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